A PARTIRE DALL’ACQUA: LA LUNIGIANA E L’ACQUA
La Lunigiana è terra misteriosa, mistica ( dal greco <mystikos> iniziato ai misteri ), di
una mistica della natura.
Tutti pensano che la terra contrassegnata dall’antica Luni, cantata da Dante, derivi
il suo nome, la sua etimologia, dalla Luna.
E’ vero che la Lunigiana è terra della femminilità. Le divinità femminili della preistoria
e della protostoria vi hanno lasciato la loro traccia toponomastica.
La Grande Madre della Preistoria , come Mater Magna dei Latini, vi ha lasciato la
sua presenza nel Monte Marmagna ed in Madrignano, mentre come greca Tèllus ci ha
lasciato il Téllaro di Liguria, perché ve ne è un altro in Sicilia, meglio pronunciato,
che è il fiume Tèllaro ( Tèllus + ara ).
Anche Bonassola ne è formata, secondo l’etimologia magistralmente spiegata dal prof.
Gerardo Maruotti di Napoli, in “Bona Sera” , cioè la Buona Signora.
Giunone Caprotina e la Cupra degli Osco-Umbri ( l’antica Cubrar del tempio di
Colfiorito, epicentro di terremoti ) sono richiamate dalla serie di coppie di toponimi in
Caprio-Caprio ( ora Teglia ) nell’Alta Valle del Magra, di Capria-Caprigliola nella Media
Valle, di Caprione-Caprignano-Caprognano nella Bassa Valle, di Capri-Capri nella Val
Graveglia-Cinque Terre.
Giunone è presente come Moneta nel castello che domina dall’alto la via di Carrara.
La terribile dea Torza delle Tavole di Gubbio, quella che atterrisce i nemici con il
suo aspetto, ci ha lasciato il Torza di Val di Vara ed il Torsana di Val di Magra, mentre
la dea osca Janni ( la Diana dei Romani ) ci ha lasciato Sarzana ( arx + Janni ) e l’altra
divinità osca Padellar ( da cui lo slittamento in “padella”, strumento per le offerte votive )
ci ha lasciato Predallara di Arcola.
L’etrusca Turan, la Venere dei Romani, ci ha lasciato il Turano di Massa, vicino
alla bellissima Avenza, frutto della divinità delle acque e delle sorgenti Aventia, consacrata
in una lapide nell’Aventicum, in Svizzera, derivante a sua volta dalla più antica voce Awa =
acqua, che ha formato anche il toponimo Deiva, un classico dell’acqua, se si pensa che il
suo fiume è il Bisagno ( da bis + amnes ) cioè i due corsi d’acqua che si uniscono insieme
alla foce, come a Genova.
Ma la matrice di tutto ciò va cercata nell’acqua. Occore pensare all’abbondanza
d’acqua nella Lunigiana preistorica, quando gli acquiferi erano più alti, molto più alti dei
livelli attuali. Analizzando il paleo-clima si scopre che una notevole piovosità si ebbe
fra il 6 000 ed il 2 500 avanti Cristo ( “Temperature and salinity records of the Tyrrhenian
Sea during the last 18 000 years” - Elsevier Science, Paleograpghy - Paleoclimatology -
Paleoecology - 135 - 1997 - 108 ). Ciò avvenne in concomitanza con la diminuzione della temperatura superficiale del mare di 2-3 ° , richiamando così un maggior flusso di aria
atlantica da ovest, con conseguenti estati più umide e più fresche.
In ciò sta la spiegazione dell’abbondanza del primo elemento vitale e sacrale, l’acqua!
Per meglio addentrarci nelle connessioni profonde occorre richiamare che Luni è città
dell’India, sul fiume Indo, e che loon potrebbe essere proprio l’acqua, o meglio lo specchio
d’acqua sul quale la luce si modifica attraverso un processo di polarizzazione, consentendo
l’assorbimento di energia vicina all’infrarosso!
Basta leggere le lettere di D.H. Lawrence da Fiascherino per rendersi conto di quanto
le persone più sensibili siano anche oggi ricettive in ciò.
Le grandi città etrusche a noi vicine di Populonia e di Vetulonia erano sull’acqua, del
mare o delle paludi, ed avevano il loon, come il Luni sul Mignone, come la lontana Londra
( loon + dunum = luogo fortificato sull’acqua ), come la vicina Lucca, che, si badi bene,
porto non è e non poté mai esserlo. Perché questa osservazione?
Perché il prof. Silvestri, nel suo bel libro “Ameglia nella storia della Lunigiana”,
discute della radice lun come porto. Egli ritrova questo appellativo in Caulunia, Populunia,
Ascaluna, Catalunia, Barseluna, nonché nelle anse dei fiumi, come in Lunico, Lunaco, Lunate.
Quindi, partendo dalla similitudine formale fra l’ansa del porto e la forma del satellite
nostro, ritiene che da una certa epoca in poi sia avvenuto lo slittamento semantico
porto = Luna ( pagg. 81 - 82 ).
Dietro a tutto ciò sta la radice luc = splendere, assai vicina al sanscrito lok - lokate =
vedere, e quindi sta la perfezione di Lucca, come luogo di antica lama d’acqua sulla quale
risplendevano sia la luce del sole, sia la luce della luna.
Poiché Lucca non può essere porto, ciò ci offre una preziosa risposta, che è discriminante
per evitare la confusione con la Luna, che era chiamata lucna dai Prenestini ed era chiamata
luca nell’antico slavo.
La radice non va quindi cercata nel porto e nella navigazione, né nella Luna, bensì
nella contemplazione magico-rituale della luce polarizzata sull’acqua, così come
viene delineandosi dai recentissimi studi sul trilito di San Lorenzo al Caprione, estesi
all’archeoastronomia, alla geologia, alla paleoclimatologia.
Questa sensibilità ci riporta alle religioni orientali, alle loro derivazioni attuali che
tanto affascinano le nuove generazioni, e che bene sono state inserite nel convegno su
“Inculturazione ed educazione nella nuova evangelizzazione in Asia”, che si è tenuto
a Tagaytay City, Filippine, dal 24 al 30 novembre 1993.
Il Cardinal Paul Popard , Presidente del Pontificio Consiglio per la Cultura, ha
riconosciuto il valore delle religioni primitive e dello sciamanesimo nei seguenti
elementi :
a) presentazione del senso del mistero e dell’unità della creazione ;
b) presentazione del ruolo degli intermediari nel contatto tra l’uomo, gli spiriti e il
divino ;
mentre nell’induismo ha riconosciuto :
c) la profonda religiosità e l’intensa ricerca di Dio ;
d) il messaggio della non-violenza.
Non si devono temere queste affermazioni. Non ci si deve stupire di ciò. Dobbiamo
prendere atto delle nostre antiche radici. Le grandi migrazioni dall’oriente verso l’occidente
(in Sanscrito ereb , da cui Europa ) a seguito delle modificazioni climatiche ( dietro le mandrie che
inseguivano l’erba ) ci sono state, e se oggi si preferisce tralasciare il richiamo generico
agli indo-europei, per essere più precisi nella scoperta dei singoli flussi di popoli e dei loro
itinerari, non di meno viene sancito il legame che abbiamo con quei nostri progenitori.
Le moderne analisi genetiche sul sangue, che hanno resi famosi nel mondo i professori
Cavalli Sforza e Piazza, ci garantiscono che ciò è vero.
La scoperta della incisione rupestre di quota 1160 sul sentiero 118 CAI di Lunigiana,
poco più in basso del sito chiamato Baton, che richiama una analoga incisione esistente in
India, in un tempio Indu all’aperto, nella città sacra di Vijayanagar, distretto di Hampi,
nell’India Meridionale, non ci deve stupire. E’ una incisione di carattere esoterico-
contemplativo, denota un luogo di ascensione spirituale.
L’incisione è antica, ricavata nell’arenaria con percussori in diaspro, rifinita in
calcedonio, come magistralmente dimostrato dalle analisi del prof. Roberto Chiari della
Università di Parma.
Il diaspro proviene dal giacimento di Maissana-Chiavari, che fu utilizzato fino al
1 500 avanti Cristo. Il calcedonio non si trova nell’Italia Continentale ed è quindi di provenienza
ancora da accertare, forse insulare.
L’archeologia fornisce quindi un supporto certificativo di tipo scientifico-razionalistico
alla toponomastica, disciplina che può giocare su più ampie situazioni probabilistiche in
termini di approccio olistico, mediante l’applicazione del “teorema di Bayes” sul calcolo
delle probabilità.
Come spiegare altrimenti tante coincidenze : il Vinca delle Apuane e l’esistenza di
una grande civiltà di Vinca nella vicina Jugoslavia, Arappa in India ed Arabba nelle Alpi
Orientali, Ascoli in India ed Ascoli in Adriatico, il Secchia dell’Appennino Tosco-Emiliano
e la serie dei toponi etnici di identica radice che si trovano sul percorso dagli Altipiani
Iranici fino alla Sicilia?
In particolare appare fortissimo il legame della coppia di toponimi Siculini-Dimini che
fu studiato dal prof. Giovanni Maracchi, istriano, e che ci interessa da vicino.
Egli constatò che presso le foci dell’Oronte si trova la antica città di Sheik ; nella vicina
Licia si trova il fiume Seki ; più a ovest, di fronte a Rodi si trova l’isoletta di Seskli ; in
Tessaglia si trova la civiltà di Sesklo e Dimini ; in Puglia, presso Gallipoli, si ha la antica
Secli, nella Sicilia orientale si ha Scicli ; in Istria si hanno le località di Sicul e Siculeti,
nonché il Monte Siculi, ed in Istria si ritrova il villaggio di Dimini, combinazione questa
che richiama la coppia di Sesklo-Dimini di Tessaglia!
Appare chiaro che dall’Istria i Secli attraversarono la pianura padana e raggiunsero il
nostro appennino, lasciandovi il loro nome etnico nel fiume Secchia, e poi scesero giù
in Toscana, ove si trovano i Seclo ed i Secciano, e quindi raggiunsero la Sicilia.
La Lunigiana, con i suoi valichi, fu certamente terra di altrettante migrazioni. Ciò
avveniva per la ricerca dello stagno, di cui l’unica miniera al di quà del Po si trova
a Piombino. Tutte le genti dell’età del bronzo ne avevano bisogno. E chi si spinse
attraverso la Lunigiana vi trovò certamente tanta acqua.
Acqua - energia femminile - Luna sono comunque una continuità semantica
dell’antichità tutta. Roberto Sicuteri, in “Astrologia e Mito”, Astrolabio-Ubaldini, Roma,
1978, pagg. 133-134, scrive : “Da sempre la Luna esprime il principio femminile materno
e costituisce un archetipo della Grande Madre e come tale era adorata in molte civiltà.
All’alba dei tempi, in Egitto e in Caldea, si avevano civiltà prevalentemente agricole.
Le terre buone e i grandi fiumi che le irrigavano rendendole fertili e fonti di benessere,
stabilirono negli uomini una immagine di rapporto vitale terra-acqua che dette origine
al culto simbolico della Madre Terra e poi della Grande Madre. Più tardi l’associazione
fu portata sulla Luna perché fu intuita l’influenza notturna sulle acque e sui terreni. In
tale modo, da astro idolatrato emotivamente, la Luna divenne divinità degna di culto
nelle civiltà più alte, assumendosi il ruolo di Magna Mater protettiva, ma anche quella
di misuratore del tempo...”.
In Lunigiana ciò doveva avvenire con una ulteriore valenza.
Per esserne convinti occorre capire la geologia di Lunigiana, o meglio le grandi
anomalie geologiche di Lunigiana, derivanti dal trovarsi in continuità con la grande
faglia tirrenica, quella per intenderci che fece aprire il Mar Tirreno e così allontanare la
Corsica e la Sardegna dal Continente.
Le energie telluriche dell’intervallo bio-compatibile, che ben venivano percepite dai sacerdoti-sciamani - sia per ragioni religiose sia per scoprire i minerali - si percepiscono meglio ove la crosta terrestre è attraversata da fessurazioni ( faglie, fratture ).
La Lunigiana ne è ricchissisma, da cui l’intenso rapporto terra-acqua-energia-divinità.
Un esempio di dedicazione votiva al gradiente lunare ed al sole si rinviene in una stele
funeraria di due soldati romani della V Legio, esistente nel Museo Archeologico di Tarrago
( l’attuale Tarragona di Spagna ). Il simbolo si avvicina molto a quello del gradiente
della città di Luni, e conferma l’analisi dell’evoluzione simbolica tracciata da Sicuteri.
L’evoluzione successiva del valore del simbolo, per la Luna di Luni, è divenuta poi
di tipo prettamente .......consumistico, come dimostra lo slogan pubblicitario, vecchio di
duemila anni, coniato dal poeta Marco Valerio Marziale, vissuto nel I secolo dopo Cristo,
il quale canta negli Epigrammi :
“col formaggio contrassegnato dal marchio della etrusca Luni
mangeranno mille volte i tuoi bambini”
( Caesus Etruscae signatus imagine Lunae
praestabit pueris prandia mille tuis ).
La Lunigiana è terra misteriosa, mistica ( dal greco <mystikos> iniziato ai misteri ), di
una mistica della natura.
Tutti pensano che la terra contrassegnata dall’antica Luni, cantata da Dante, derivi
il suo nome, la sua etimologia, dalla Luna.
E’ vero che la Lunigiana è terra della femminilità. Le divinità femminili della preistoria
e della protostoria vi hanno lasciato la loro traccia toponomastica.
La Grande Madre della Preistoria , come Mater Magna dei Latini, vi ha lasciato la
sua presenza nel Monte Marmagna ed in Madrignano, mentre come greca Tèllus ci ha
lasciato il Téllaro di Liguria, perché ve ne è un altro in Sicilia, meglio pronunciato,
che è il fiume Tèllaro ( Tèllus + ara ).
Anche Bonassola ne è formata, secondo l’etimologia magistralmente spiegata dal prof.
Gerardo Maruotti di Napoli, in “Bona Sera” , cioè la Buona Signora.
Giunone Caprotina e la Cupra degli Osco-Umbri ( l’antica Cubrar del tempio di
Colfiorito, epicentro di terremoti ) sono richiamate dalla serie di coppie di toponimi in
Caprio-Caprio ( ora Teglia ) nell’Alta Valle del Magra, di Capria-Caprigliola nella Media
Valle, di Caprione-Caprignano-Caprognano nella Bassa Valle, di Capri-Capri nella Val
Graveglia-Cinque Terre.
Giunone è presente come Moneta nel castello che domina dall’alto la via di Carrara.
La terribile dea Torza delle Tavole di Gubbio, quella che atterrisce i nemici con il
suo aspetto, ci ha lasciato il Torza di Val di Vara ed il Torsana di Val di Magra, mentre
la dea osca Janni ( la Diana dei Romani ) ci ha lasciato Sarzana ( arx + Janni ) e l’altra
divinità osca Padellar ( da cui lo slittamento in “padella”, strumento per le offerte votive )
ci ha lasciato Predallara di Arcola.
L’etrusca Turan, la Venere dei Romani, ci ha lasciato il Turano di Massa, vicino
alla bellissima Avenza, frutto della divinità delle acque e delle sorgenti Aventia, consacrata
in una lapide nell’Aventicum, in Svizzera, derivante a sua volta dalla più antica voce Awa =
acqua, che ha formato anche il toponimo Deiva, un classico dell’acqua, se si pensa che il
suo fiume è il Bisagno ( da bis + amnes ) cioè i due corsi d’acqua che si uniscono insieme
alla foce, come a Genova.
Ma la matrice di tutto ciò va cercata nell’acqua. Occore pensare all’abbondanza
d’acqua nella Lunigiana preistorica, quando gli acquiferi erano più alti, molto più alti dei
livelli attuali. Analizzando il paleo-clima si scopre che una notevole piovosità si ebbe
fra il 6 000 ed il 2 500 avanti Cristo ( “Temperature and salinity records of the Tyrrhenian
Sea during the last 18 000 years” - Elsevier Science, Paleograpghy - Paleoclimatology -
Paleoecology - 135 - 1997 - 108 ). Ciò avvenne in concomitanza con la diminuzione della temperatura superficiale del mare di 2-3 ° , richiamando così un maggior flusso di aria
atlantica da ovest, con conseguenti estati più umide e più fresche.
In ciò sta la spiegazione dell’abbondanza del primo elemento vitale e sacrale, l’acqua!
Per meglio addentrarci nelle connessioni profonde occorre richiamare che Luni è città
dell’India, sul fiume Indo, e che loon potrebbe essere proprio l’acqua, o meglio lo specchio
d’acqua sul quale la luce si modifica attraverso un processo di polarizzazione, consentendo
l’assorbimento di energia vicina all’infrarosso!
Basta leggere le lettere di D.H. Lawrence da Fiascherino per rendersi conto di quanto
le persone più sensibili siano anche oggi ricettive in ciò.
Le grandi città etrusche a noi vicine di Populonia e di Vetulonia erano sull’acqua, del
mare o delle paludi, ed avevano il loon, come il Luni sul Mignone, come la lontana Londra
( loon + dunum = luogo fortificato sull’acqua ), come la vicina Lucca, che, si badi bene,
porto non è e non poté mai esserlo. Perché questa osservazione?
Perché il prof. Silvestri, nel suo bel libro “Ameglia nella storia della Lunigiana”,
discute della radice lun come porto. Egli ritrova questo appellativo in Caulunia, Populunia,
Ascaluna, Catalunia, Barseluna, nonché nelle anse dei fiumi, come in Lunico, Lunaco, Lunate.
Quindi, partendo dalla similitudine formale fra l’ansa del porto e la forma del satellite
nostro, ritiene che da una certa epoca in poi sia avvenuto lo slittamento semantico
porto = Luna ( pagg. 81 - 82 ).
Dietro a tutto ciò sta la radice luc = splendere, assai vicina al sanscrito lok - lokate =
vedere, e quindi sta la perfezione di Lucca, come luogo di antica lama d’acqua sulla quale
risplendevano sia la luce del sole, sia la luce della luna.
Poiché Lucca non può essere porto, ciò ci offre una preziosa risposta, che è discriminante
per evitare la confusione con la Luna, che era chiamata lucna dai Prenestini ed era chiamata
luca nell’antico slavo.
La radice non va quindi cercata nel porto e nella navigazione, né nella Luna, bensì
nella contemplazione magico-rituale della luce polarizzata sull’acqua, così come
viene delineandosi dai recentissimi studi sul trilito di San Lorenzo al Caprione, estesi
all’archeoastronomia, alla geologia, alla paleoclimatologia.
Questa sensibilità ci riporta alle religioni orientali, alle loro derivazioni attuali che
tanto affascinano le nuove generazioni, e che bene sono state inserite nel convegno su
“Inculturazione ed educazione nella nuova evangelizzazione in Asia”, che si è tenuto
a Tagaytay City, Filippine, dal 24 al 30 novembre 1993.
Il Cardinal Paul Popard , Presidente del Pontificio Consiglio per la Cultura, ha
riconosciuto il valore delle religioni primitive e dello sciamanesimo nei seguenti
elementi :
a) presentazione del senso del mistero e dell’unità della creazione ;
b) presentazione del ruolo degli intermediari nel contatto tra l’uomo, gli spiriti e il
divino ;
mentre nell’induismo ha riconosciuto :
c) la profonda religiosità e l’intensa ricerca di Dio ;
d) il messaggio della non-violenza.
Non si devono temere queste affermazioni. Non ci si deve stupire di ciò. Dobbiamo
prendere atto delle nostre antiche radici. Le grandi migrazioni dall’oriente verso l’occidente
(in Sanscrito ereb , da cui Europa ) a seguito delle modificazioni climatiche ( dietro le mandrie che
inseguivano l’erba ) ci sono state, e se oggi si preferisce tralasciare il richiamo generico
agli indo-europei, per essere più precisi nella scoperta dei singoli flussi di popoli e dei loro
itinerari, non di meno viene sancito il legame che abbiamo con quei nostri progenitori.
Le moderne analisi genetiche sul sangue, che hanno resi famosi nel mondo i professori
Cavalli Sforza e Piazza, ci garantiscono che ciò è vero.
La scoperta della incisione rupestre di quota 1160 sul sentiero 118 CAI di Lunigiana,
poco più in basso del sito chiamato Baton, che richiama una analoga incisione esistente in
India, in un tempio Indu all’aperto, nella città sacra di Vijayanagar, distretto di Hampi,
nell’India Meridionale, non ci deve stupire. E’ una incisione di carattere esoterico-
contemplativo, denota un luogo di ascensione spirituale.
L’incisione è antica, ricavata nell’arenaria con percussori in diaspro, rifinita in
calcedonio, come magistralmente dimostrato dalle analisi del prof. Roberto Chiari della
Università di Parma.
Il diaspro proviene dal giacimento di Maissana-Chiavari, che fu utilizzato fino al
1 500 avanti Cristo. Il calcedonio non si trova nell’Italia Continentale ed è quindi di provenienza
ancora da accertare, forse insulare.
L’archeologia fornisce quindi un supporto certificativo di tipo scientifico-razionalistico
alla toponomastica, disciplina che può giocare su più ampie situazioni probabilistiche in
termini di approccio olistico, mediante l’applicazione del “teorema di Bayes” sul calcolo
delle probabilità.
Come spiegare altrimenti tante coincidenze : il Vinca delle Apuane e l’esistenza di
una grande civiltà di Vinca nella vicina Jugoslavia, Arappa in India ed Arabba nelle Alpi
Orientali, Ascoli in India ed Ascoli in Adriatico, il Secchia dell’Appennino Tosco-Emiliano
e la serie dei toponi etnici di identica radice che si trovano sul percorso dagli Altipiani
Iranici fino alla Sicilia?
In particolare appare fortissimo il legame della coppia di toponimi Siculini-Dimini che
fu studiato dal prof. Giovanni Maracchi, istriano, e che ci interessa da vicino.
Egli constatò che presso le foci dell’Oronte si trova la antica città di Sheik ; nella vicina
Licia si trova il fiume Seki ; più a ovest, di fronte a Rodi si trova l’isoletta di Seskli ; in
Tessaglia si trova la civiltà di Sesklo e Dimini ; in Puglia, presso Gallipoli, si ha la antica
Secli, nella Sicilia orientale si ha Scicli ; in Istria si hanno le località di Sicul e Siculeti,
nonché il Monte Siculi, ed in Istria si ritrova il villaggio di Dimini, combinazione questa
che richiama la coppia di Sesklo-Dimini di Tessaglia!
Appare chiaro che dall’Istria i Secli attraversarono la pianura padana e raggiunsero il
nostro appennino, lasciandovi il loro nome etnico nel fiume Secchia, e poi scesero giù
in Toscana, ove si trovano i Seclo ed i Secciano, e quindi raggiunsero la Sicilia.
La Lunigiana, con i suoi valichi, fu certamente terra di altrettante migrazioni. Ciò
avveniva per la ricerca dello stagno, di cui l’unica miniera al di quà del Po si trova
a Piombino. Tutte le genti dell’età del bronzo ne avevano bisogno. E chi si spinse
attraverso la Lunigiana vi trovò certamente tanta acqua.
Acqua - energia femminile - Luna sono comunque una continuità semantica
dell’antichità tutta. Roberto Sicuteri, in “Astrologia e Mito”, Astrolabio-Ubaldini, Roma,
1978, pagg. 133-134, scrive : “Da sempre la Luna esprime il principio femminile materno
e costituisce un archetipo della Grande Madre e come tale era adorata in molte civiltà.
All’alba dei tempi, in Egitto e in Caldea, si avevano civiltà prevalentemente agricole.
Le terre buone e i grandi fiumi che le irrigavano rendendole fertili e fonti di benessere,
stabilirono negli uomini una immagine di rapporto vitale terra-acqua che dette origine
al culto simbolico della Madre Terra e poi della Grande Madre. Più tardi l’associazione
fu portata sulla Luna perché fu intuita l’influenza notturna sulle acque e sui terreni. In
tale modo, da astro idolatrato emotivamente, la Luna divenne divinità degna di culto
nelle civiltà più alte, assumendosi il ruolo di Magna Mater protettiva, ma anche quella
di misuratore del tempo...”.
In Lunigiana ciò doveva avvenire con una ulteriore valenza.
Per esserne convinti occorre capire la geologia di Lunigiana, o meglio le grandi
anomalie geologiche di Lunigiana, derivanti dal trovarsi in continuità con la grande
faglia tirrenica, quella per intenderci che fece aprire il Mar Tirreno e così allontanare la
Corsica e la Sardegna dal Continente.
Le energie telluriche dell’intervallo bio-compatibile, che ben venivano percepite dai sacerdoti-sciamani - sia per ragioni religiose sia per scoprire i minerali - si percepiscono meglio ove la crosta terrestre è attraversata da fessurazioni ( faglie, fratture ).
La Lunigiana ne è ricchissisma, da cui l’intenso rapporto terra-acqua-energia-divinità.
Un esempio di dedicazione votiva al gradiente lunare ed al sole si rinviene in una stele
funeraria di due soldati romani della V Legio, esistente nel Museo Archeologico di Tarrago
( l’attuale Tarragona di Spagna ). Il simbolo si avvicina molto a quello del gradiente
della città di Luni, e conferma l’analisi dell’evoluzione simbolica tracciata da Sicuteri.
L’evoluzione successiva del valore del simbolo, per la Luna di Luni, è divenuta poi
di tipo prettamente .......consumistico, come dimostra lo slogan pubblicitario, vecchio di
duemila anni, coniato dal poeta Marco Valerio Marziale, vissuto nel I secolo dopo Cristo,
il quale canta negli Epigrammi :
“col formaggio contrassegnato dal marchio della etrusca Luni
mangeranno mille volte i tuoi bambini”
( Caesus Etruscae signatus imagine Lunae
praestabit pueris prandia mille tuis ).