Teglia e Casserola
Debbo all’incontro col prof. Gerardo Maruotti, nativo di Sant’Agata di Puglia, napoletano di adozione, l’apertura verso quel mondo italico influenzato dai Paleo-umbri e dagli Osco-umbri.
Nel suo ponderoso libro “Italia Sacra Preistorica – La dimensione europea delle Tavole di Gubbio”, pubblicato a Foggia nel 1990 per conto dell’Amministrazione Provinciale della Capitanata, egli è riuscito a rendere vive le realtà delle Tavole eugubine, prima sepolte nell’indifferenza,o meglio nell’ostracismo.
Nel 1867 il mio concittadino canonico Gio-Batta Gonetta, nel suo libro “Saggio istorico descrittivo della diocesi di Luni-Sarzana” alla pagina 132, riferendosi alle Tavole di Gubbio allora ancora enigmatiche, scriveva: ”Allorché un nuovo Champollion saprà rinvenir maniera di leggerle, senza dubbio potrem avere in Italia nuove quanto preziose e antiche memorie”. Giacomo Devoto ha trascritto le Tavole in Latino in un momento poco propizio per la cultura italiana, sia per la presenza della guerra, sia perché il regime fascista non amava ciò che poteva allontanare dalla centralità di Roma e del Latino (“Roma Doma” era una delle frasi ricorrenti scritte a caratteri cubitali nelle facciate delle case poste nei punti di transito).
Ancora nel dopoguerra i glottologi non riuscivano a rendersi conto di come il Devoto avesse potuto trascrive le Tavole, specie nei lemmi che apparivano una sola volta. Serpeggiava l’idea che la trascrizione fosse un falso, oppure che fosse stata ottenuta con un processo di tipo esoterico, quindi diabolico. Ebbi una discussione in tal senso all’Hotel Golf di Pontremoli, con cinque studiosi italiani, di cui quattro operanti in strutture universitarie dell’Italia centrale , il 23 novembre dell’anno 1991, in occasione del premio di cucina “Il Valentino di Lunigiana”. Potei spiegare loro che nel Codice Pelavicino, il più importante incunabolo di Lunigiana, comprendente oltre cinquecento pergamene datate fra il 900 ed il 1300, esistono toponimi eguali a termini che figurano nelle Tavole di Gubbio. Considerato che le Tavole furono portate alla luce nell’anno 1444, ne deriva che in Lunigiana popolazioni paleoumbre avevano lasciato i loro toponimi etnici e magico-sacrali. A dare forza a questa convinzione aveva contribuito non poco la pubblicazione del Maruotti, che allargava a tutto il territorio nazionale la presenza di simili toponimi. Occorre dire che per un decennio all’Università di Perugia si ritenne impossibile che esistessero toponimi di matrice eugubina al di fuori del territorio abitato dai Safini, adducendo che si trattasse soltanto di toponimi “simil-umbri”. Con il Primo Convegno Internazionale sugli Antichi Umbri, tenutosi a Gubbio il giorno 22 settembre 2001, la riserva cadeva e veniva riconosciuta l’influenza dei Paleo-umbri nell’Italia Settentrionale.
Merito del Maruotti è stato quello di credere nella “toponomastica di sistema” in quanto tanto più ampia è la massa critica e tanto più sicuri sono i risultati derivanti dall’analisi comparata. Maruotti ha così aperto la strada a ricercare nella paleo-gastronomia la soluzione dei toponimi Casseruola - Padella - Teglia, presenti in Lunigiana ed in territorio italiano. Illuminante è quanto scritto alla pagina 236 del suo libro, ove egli cita a proposito come nella città di Sassula, posseduta dai Tiburtini nel IV secolo a.C. (si veda Tito Livio, VII, 19) si rinvenga Piazza Padella. Egli cita ancora come il Pisani riconosca che la Dea Panda sia un tutt’uno con la Padella umbra e con la Patana osca e con la romana Patnola. Alla pagina 237 egli rincorre anche i vari Teglia, Teggia, Teggiano così come alla pagina 330 rincorre i vari Tella, Teleia, Telle, Telli, Tello, sulla scorta del documento di Sant’Agata di Puglia dell’anno 1543, in cui emerge il toponimo “Olmo seu Teglia”.
La ricerca del Maruotti ha consentito di far emergere la vivacità della tradizione di paleogastronomia di Lunigiana, che è sorretta dai seguenti caposaldi:
- il testarolo (da testu+ara+Holo);
- le trenette (dal tremnu);
- la lasagna (dalla losanga = loxos + anghilos);
- i canestrelli (dolci che ricordano la tradizione celtica);
- gli sgabei (pasta lievitata e fritta, tagliata a rombo);
- la mess-ciua (il pasto sacro di più cereali e semi);
- il toponimo Teglia (da teleion = relativo alla divinità);
- il toponimo Predallaa e Predella Minuta (da padellar = la dea Padella);
- il toponimo Casseruola (da catzum+ara+Hola).
Il testarolo è una pastella non lievitata a forma rotonda, cotta nel forno a legna, che viene a tutt’oggi presentata nell’offerta commerciale della Lunigiana Storica (Val di Magra e parte della Val di Vara e del Golfo della Spezia). Viene condita con sugo o pesto.Il “testu” è citato da Varrone ed ha dato nome al quartiere romano del Testaccio.
Le trenette sono una pasta lunga e piatta, generalmente condita con pesto, che deriva il proprio nome dal “tremnu”, l’altare sussidiario delle Tavole di Gubbio, in cui venivano esposte le offerte non cruente. Dette striscioline di pasta veniva apposte lungo il bordo del tremnu, come offerta alla divinità.
La lasagna è preparazione a forma di losanga, dalle voci greche loxos+anghilos, cioè obliquo + tagliato.Trattasi di un archetipo della struttura della vita, legato al tema dell’energia/forma. Le prime rappresentazioni di questa forma si hanno nel 77 000 a.C. in Sud-Africa, nel 40 000 a:C. in Australia, nel 28 000 a.C. in Belgio, nel 23 000 a.C. in Russia. La rappresentazione di losanghe era chiamata Rete di Indra dagli Hindu e Tela di Wyrrd dai Celti.In Lungiana la pasta tagliata a losanga si da alle donne che allattano. Nella valle Fontanabuona la pasta tagliata a losanga assume il nome di armellette , dal termine ligure arma = grotta. Il rapporto fra la diagonale maggiore e la diagonale minore della figura deve riprendere il numero aureo di Fibonacci e di Leonardo (non si comprende come Padre Pio fece costruire dai mosaicisti vaticani, ritrosi a farlo, losanghe molto stilizzate, lunghissime, come non si vedono in nessuna altra chiesa o monumento).
I canestrelli sono dolci rotondi, con il buco, che nel periodo pasquale vengono confezionati con sopra un uovo sodo, posizionato con due striscioline di pasta incrociate ad angolo retto. Il richiamo magico-sacrale all’origine della vita è reso evidente dalla presenza dell’uovo. I canestrelli sembrano derivati dalla tradizione celtica di far rotolare pani a forma rotonda sui declivi dei monti sacri, per trarre auspici per il futuro. Nella tradizione osco-umbra hanno un legame con le “arculataf”, cioè le offerte di farine in forma rotonda.
Gli sgabei sono paste lievitate, tagliate a rombo, e cotte nell’olio bollente. Nella tradizione del Kazakistan vengono fritti nel grasso animale. Il termine deriva dall’usanza di stare tutti attorno al fuoco, seduti sugli sgabelli, attendendo il proprio turno per aver il proprio “sgabeo” caldissimo.
La mess-ciua è un retaggio del pasto sacro, da assumersi alla vigilia della festività, durante la cena fatta dagli anziani per preparare i sacrifici del giorno festivo (çernatus, da cui poi i senatori, cioè gli anziani). Nella tradizione spezzina la mess-ciua, oltre al farro ed ai ceci, comprendeva anche le cicerchie, che, come è noto, contengono alcaloidi. Una tradizione simile si ritrova nelle isole di Capri ed Ischia.
Il toponimo Teglia è derivato dalla voce greca teleion, relativa alla divinità. La teglia o teccia è semanticamente legata al riparo di roccia, in cui si può accendere il fuoco anche quando piove.
Il toponimo, oltre che in Lunigiana, è assai diffuso in Liguria. Famoso è il Colle della Teglia noto ai più per il Rally di Sanremo. A conferma della sacralità della voce si ha in Lunigiana il toponimo Teccia di Pram-Bram, da cui emerge la dedicazione alla pietra fallica, espressa in lingua celtica (“bram”). Per Teglia, che in Lunigiana è un fiume, si ha lo slittamento semantico dal toponimo in cui si facevano le offerte, alla forma rotonda del contenitore delle offerte.Si vedano in proposito le immagine allegate all’articolo “Piazza Padella”.
Il toponimo Padella è presente nella Lunigiana in Arcola (arculataf) ed in Olivola di Aulla (Holi + Hola?). Per questo termine si assiste allo slittamento semantico fra la divinità cui si porgono le offerte, la forma delle offerte e la forma dello strumento con cui si porgono le offerte.
Casserola nella Lunigiana Storica (Val di Vara) è un piccolo torrente, assai noto perché lungo il suo corso è stata rinvenuta nel 1827 la prima statua stele, ora posta nel museo di Pegli. Importante è notare come l’etimologia attinga ai culti fallici (catzum + ara + Hola). Per questo termine si assiste allo slittamento semantico fra il culto fallico, il toponimo e lo strumento con cui si porgono le offerte.
Zone in cui sono stati rinvenuti i toponimi in Teglia o forme similari (Teggia - Teglie – Teglio ecc.):
Andretta
Brescia
Genova
Imperia
Mulazzo
Novara
Pontegandolfo
Positano
Savona
Venezia
Si ringraziano tutti coloro che vorranno fornire altre segnalazioni.
Debbo all’incontro col prof. Gerardo Maruotti, nativo di Sant’Agata di Puglia, napoletano di adozione, l’apertura verso quel mondo italico influenzato dai Paleo-umbri e dagli Osco-umbri.
Nel suo ponderoso libro “Italia Sacra Preistorica – La dimensione europea delle Tavole di Gubbio”, pubblicato a Foggia nel 1990 per conto dell’Amministrazione Provinciale della Capitanata, egli è riuscito a rendere vive le realtà delle Tavole eugubine, prima sepolte nell’indifferenza,o meglio nell’ostracismo.
Nel 1867 il mio concittadino canonico Gio-Batta Gonetta, nel suo libro “Saggio istorico descrittivo della diocesi di Luni-Sarzana” alla pagina 132, riferendosi alle Tavole di Gubbio allora ancora enigmatiche, scriveva: ”Allorché un nuovo Champollion saprà rinvenir maniera di leggerle, senza dubbio potrem avere in Italia nuove quanto preziose e antiche memorie”. Giacomo Devoto ha trascritto le Tavole in Latino in un momento poco propizio per la cultura italiana, sia per la presenza della guerra, sia perché il regime fascista non amava ciò che poteva allontanare dalla centralità di Roma e del Latino (“Roma Doma” era una delle frasi ricorrenti scritte a caratteri cubitali nelle facciate delle case poste nei punti di transito).
Ancora nel dopoguerra i glottologi non riuscivano a rendersi conto di come il Devoto avesse potuto trascrive le Tavole, specie nei lemmi che apparivano una sola volta. Serpeggiava l’idea che la trascrizione fosse un falso, oppure che fosse stata ottenuta con un processo di tipo esoterico, quindi diabolico. Ebbi una discussione in tal senso all’Hotel Golf di Pontremoli, con cinque studiosi italiani, di cui quattro operanti in strutture universitarie dell’Italia centrale , il 23 novembre dell’anno 1991, in occasione del premio di cucina “Il Valentino di Lunigiana”. Potei spiegare loro che nel Codice Pelavicino, il più importante incunabolo di Lunigiana, comprendente oltre cinquecento pergamene datate fra il 900 ed il 1300, esistono toponimi eguali a termini che figurano nelle Tavole di Gubbio. Considerato che le Tavole furono portate alla luce nell’anno 1444, ne deriva che in Lunigiana popolazioni paleoumbre avevano lasciato i loro toponimi etnici e magico-sacrali. A dare forza a questa convinzione aveva contribuito non poco la pubblicazione del Maruotti, che allargava a tutto il territorio nazionale la presenza di simili toponimi. Occorre dire che per un decennio all’Università di Perugia si ritenne impossibile che esistessero toponimi di matrice eugubina al di fuori del territorio abitato dai Safini, adducendo che si trattasse soltanto di toponimi “simil-umbri”. Con il Primo Convegno Internazionale sugli Antichi Umbri, tenutosi a Gubbio il giorno 22 settembre 2001, la riserva cadeva e veniva riconosciuta l’influenza dei Paleo-umbri nell’Italia Settentrionale.
Merito del Maruotti è stato quello di credere nella “toponomastica di sistema” in quanto tanto più ampia è la massa critica e tanto più sicuri sono i risultati derivanti dall’analisi comparata. Maruotti ha così aperto la strada a ricercare nella paleo-gastronomia la soluzione dei toponimi Casseruola - Padella - Teglia, presenti in Lunigiana ed in territorio italiano. Illuminante è quanto scritto alla pagina 236 del suo libro, ove egli cita a proposito come nella città di Sassula, posseduta dai Tiburtini nel IV secolo a.C. (si veda Tito Livio, VII, 19) si rinvenga Piazza Padella. Egli cita ancora come il Pisani riconosca che la Dea Panda sia un tutt’uno con la Padella umbra e con la Patana osca e con la romana Patnola. Alla pagina 237 egli rincorre anche i vari Teglia, Teggia, Teggiano così come alla pagina 330 rincorre i vari Tella, Teleia, Telle, Telli, Tello, sulla scorta del documento di Sant’Agata di Puglia dell’anno 1543, in cui emerge il toponimo “Olmo seu Teglia”.
La ricerca del Maruotti ha consentito di far emergere la vivacità della tradizione di paleogastronomia di Lunigiana, che è sorretta dai seguenti caposaldi:
- il testarolo (da testu+ara+Holo);
- le trenette (dal tremnu);
- la lasagna (dalla losanga = loxos + anghilos);
- i canestrelli (dolci che ricordano la tradizione celtica);
- gli sgabei (pasta lievitata e fritta, tagliata a rombo);
- la mess-ciua (il pasto sacro di più cereali e semi);
- il toponimo Teglia (da teleion = relativo alla divinità);
- il toponimo Predallaa e Predella Minuta (da padellar = la dea Padella);
- il toponimo Casseruola (da catzum+ara+Hola).
Il testarolo è una pastella non lievitata a forma rotonda, cotta nel forno a legna, che viene a tutt’oggi presentata nell’offerta commerciale della Lunigiana Storica (Val di Magra e parte della Val di Vara e del Golfo della Spezia). Viene condita con sugo o pesto.Il “testu” è citato da Varrone ed ha dato nome al quartiere romano del Testaccio.
Le trenette sono una pasta lunga e piatta, generalmente condita con pesto, che deriva il proprio nome dal “tremnu”, l’altare sussidiario delle Tavole di Gubbio, in cui venivano esposte le offerte non cruente. Dette striscioline di pasta veniva apposte lungo il bordo del tremnu, come offerta alla divinità.
La lasagna è preparazione a forma di losanga, dalle voci greche loxos+anghilos, cioè obliquo + tagliato.Trattasi di un archetipo della struttura della vita, legato al tema dell’energia/forma. Le prime rappresentazioni di questa forma si hanno nel 77 000 a.C. in Sud-Africa, nel 40 000 a:C. in Australia, nel 28 000 a.C. in Belgio, nel 23 000 a.C. in Russia. La rappresentazione di losanghe era chiamata Rete di Indra dagli Hindu e Tela di Wyrrd dai Celti.In Lungiana la pasta tagliata a losanga si da alle donne che allattano. Nella valle Fontanabuona la pasta tagliata a losanga assume il nome di armellette , dal termine ligure arma = grotta. Il rapporto fra la diagonale maggiore e la diagonale minore della figura deve riprendere il numero aureo di Fibonacci e di Leonardo (non si comprende come Padre Pio fece costruire dai mosaicisti vaticani, ritrosi a farlo, losanghe molto stilizzate, lunghissime, come non si vedono in nessuna altra chiesa o monumento).
I canestrelli sono dolci rotondi, con il buco, che nel periodo pasquale vengono confezionati con sopra un uovo sodo, posizionato con due striscioline di pasta incrociate ad angolo retto. Il richiamo magico-sacrale all’origine della vita è reso evidente dalla presenza dell’uovo. I canestrelli sembrano derivati dalla tradizione celtica di far rotolare pani a forma rotonda sui declivi dei monti sacri, per trarre auspici per il futuro. Nella tradizione osco-umbra hanno un legame con le “arculataf”, cioè le offerte di farine in forma rotonda.
Gli sgabei sono paste lievitate, tagliate a rombo, e cotte nell’olio bollente. Nella tradizione del Kazakistan vengono fritti nel grasso animale. Il termine deriva dall’usanza di stare tutti attorno al fuoco, seduti sugli sgabelli, attendendo il proprio turno per aver il proprio “sgabeo” caldissimo.
La mess-ciua è un retaggio del pasto sacro, da assumersi alla vigilia della festività, durante la cena fatta dagli anziani per preparare i sacrifici del giorno festivo (çernatus, da cui poi i senatori, cioè gli anziani). Nella tradizione spezzina la mess-ciua, oltre al farro ed ai ceci, comprendeva anche le cicerchie, che, come è noto, contengono alcaloidi. Una tradizione simile si ritrova nelle isole di Capri ed Ischia.
Il toponimo Teglia è derivato dalla voce greca teleion, relativa alla divinità. La teglia o teccia è semanticamente legata al riparo di roccia, in cui si può accendere il fuoco anche quando piove.
Il toponimo, oltre che in Lunigiana, è assai diffuso in Liguria. Famoso è il Colle della Teglia noto ai più per il Rally di Sanremo. A conferma della sacralità della voce si ha in Lunigiana il toponimo Teccia di Pram-Bram, da cui emerge la dedicazione alla pietra fallica, espressa in lingua celtica (“bram”). Per Teglia, che in Lunigiana è un fiume, si ha lo slittamento semantico dal toponimo in cui si facevano le offerte, alla forma rotonda del contenitore delle offerte.Si vedano in proposito le immagine allegate all’articolo “Piazza Padella”.
Il toponimo Padella è presente nella Lunigiana in Arcola (arculataf) ed in Olivola di Aulla (Holi + Hola?). Per questo termine si assiste allo slittamento semantico fra la divinità cui si porgono le offerte, la forma delle offerte e la forma dello strumento con cui si porgono le offerte.
Casserola nella Lunigiana Storica (Val di Vara) è un piccolo torrente, assai noto perché lungo il suo corso è stata rinvenuta nel 1827 la prima statua stele, ora posta nel museo di Pegli. Importante è notare come l’etimologia attinga ai culti fallici (catzum + ara + Hola). Per questo termine si assiste allo slittamento semantico fra il culto fallico, il toponimo e lo strumento con cui si porgono le offerte.
Zone in cui sono stati rinvenuti i toponimi in Teglia o forme similari (Teggia - Teglie – Teglio ecc.):
Andretta
Brescia
Genova
Imperia
Mulazzo
Novara
Pontegandolfo
Positano
Savona
Venezia
Si ringraziano tutti coloro che vorranno fornire altre segnalazioni.