TESTAROLO
Il testarolo appartiene ai primi atti culinari, cioè quelli fatti utilizzando il fuoco. L’archetipo è la pastella fatta cadere sulla superficie liscia di una pietra surriscaldata, quello che oggi può essere identificato con la produzione di una crêpe. L’etimologia di questa preparazione di gastronomia sacra appartiene a due lingue, il Latino e il Paleo-umbro. Del termine <testo>, cioè la formella in cotto, fornisce prova un passo di Virgilio in cui si accenna a “quod in testu calido”. La parte successiva del nome ci porta invece all’ara, cioè la pietra sacra per le offerte, in questo caso non cruente, e alla divinità alla quale si doveva porgere l’offerta, nella fattispecie la Hola-Holo-Hule delle Tavole di Gubbio. Il testo, dovendo essere porto come offerta, doveva essere di una misura tale da essere compreso fra le due mani, raccolte e spinte in avanti, verso il simulacro della divinità. Questa osservazione sulla natura sacra della preparazione, esclude quindi la tradizione attuale della preparazione dei grandi testaroli. Ciò esclude anche la preparazione dei grandi panigacci, cotti sulle piastre di metallo. La confusione della terminologia locale è grande, perché qualcuno chiama panigacci i testaroli piccoli, quelli cotti nel vero testo di Virgiliana memoria. La tradizione del testo originale è quindi quella che si rinviene in Val di Vara, utilizzando il gabbro della valle. Perché questa attribuzione? Perché nella suddetta valle ci si è sempre litigati su quale fosse il rituale giusto per produrre i testi. Oggi, con l’uso della micro-chimica, presso l’ISCUM, il laboratorio per lo studio della cultura della Civiltà Materiale, si è potuto dimostrare che tutti due i procedimenti tramandati erano validi per produrre buoni testi. Nella Bassa Valle si doveva aggiungere al gabbro (il minerale con cui produrre i testi) anche la sabbia del fiume (cioè silice) perché altrimenti i testi, dopo la cottura sarebbero rimasti fragili. Nell’Alta Valle non vi era bisogno di questo perché le componenti del giacimento erano migliori per produrre testi di buona consistenza. Chiarita la natura sacrale della preparazione, ed estendendo la tradizione anche alla Valle della Magra, si potrebbe anche dedurre che la cottura dei testaroli, all’interno dei testi esposti in pile accanto al fuoco, da alcuni fatta risalire agli Egizi, avrebbe potuto appartenere anche alla Lunigiana.
A sostegno di questa attribuzione stanno alcuni elementi della storia del territorio e del suo “genius loci”. Nella sommità del Monte Losanna (Appennino Tosco-Emiliano) si trovano pietre che hanno, naturalmente, la forma della losanga. Da ciò il toponimo del sottostante paese, Losanna, nonché la tradizione che alle donne che allattano si deve dare la pasta tagliata a losanga (fenomeni di energia-forma). La prima statua stele, che attualmente si trova nel Museo di Genova-Pegli, è stata rinvenuta in Val di Vara nel torrente Casserola o Casirola (dal termine composto catzum + ara + Hola) ed il termine appartiene oggi agli utensili di cucina, usati per produrre forme di cibo anche rotonde. Il toponimo Predallara di Arcola ci riporta alla Dea Padellar, la divinità dalle grandi natiche, dea della fecondità descritta nelle Tavole di Gubbio, la cui memoria è rimasta nel detto popolare: “Bella come il culo della Padella”. Finora sono state trovate quattro decina di toponimi in Piazza Padella, soprattutto nell’Italia centrale. Una Piazza Padella si trova anche presso Monchio. Anche Teglia è toponimo di Lunigiana, e nel nome appare la radice greca della divinità. Perché questi termini si ritrovano in cucina? Perché la gastronomia faceva parte della antiche liturgie, legate alla offerte non cruente.
A sostegno di questa attribuzione stanno alcuni elementi della storia del territorio e del suo “genius loci”. Nella sommità del Monte Losanna (Appennino Tosco-Emiliano) si trovano pietre che hanno, naturalmente, la forma della losanga. Da ciò il toponimo del sottostante paese, Losanna, nonché la tradizione che alle donne che allattano si deve dare la pasta tagliata a losanga (fenomeni di energia-forma). La prima statua stele, che attualmente si trova nel Museo di Genova-Pegli, è stata rinvenuta in Val di Vara nel torrente Casserola o Casirola (dal termine composto catzum + ara + Hola) ed il termine appartiene oggi agli utensili di cucina, usati per produrre forme di cibo anche rotonde. Il toponimo Predallara di Arcola ci riporta alla Dea Padellar, la divinità dalle grandi natiche, dea della fecondità descritta nelle Tavole di Gubbio, la cui memoria è rimasta nel detto popolare: “Bella come il culo della Padella”. Finora sono state trovate quattro decina di toponimi in Piazza Padella, soprattutto nell’Italia centrale. Una Piazza Padella si trova anche presso Monchio. Anche Teglia è toponimo di Lunigiana, e nel nome appare la radice greca della divinità. Perché questi termini si ritrovano in cucina? Perché la gastronomia faceva parte della antiche liturgie, legate alla offerte non cruente.