Sfratto, dolce ebraico di Pitigliano
L’origine di questo dolce, dal nome assai strano, deriva da un fatto storico legato a questa comunità. Nei primi anni del 1600 gli Ebrei residenti in Pitigliano furono oggetto di un editto del Granduca di Toscana che li obbligava a lasciare le loro abitazioni e a concentrarsi in una zona della città a ridosso della Sinagoga. Questo luogo era chiamato “il ghetto”. L’etimologia di questo nome deriva dall’uso di gettare a mare le scorie di lavorazione delle fonderie, dalla voce dialettale “zetto”, presente sia a Venezia sia a Lerici. A Lerici, secondo quanto scrive Francesco Poggi, nel 1507 e nel 1508 furono costruiti grossi cannoni in bronzo, da imbarcarsi su brigantini per essere trasferiti in Corsica, uno per ogni brigantino e con partenze in giorni diversi (per ridurre il rischio di naufragio). Si può ipotizzare che i cannoni venissero fusi da maestri fonditori ebrei, presenti sia a Chiavari sia a Sestri Levante, e che quindi le scorie di queste fusioni avessero dato origine al toponimo “ghetto”. La fonderia doveva trovarsi in fondo all’attuale Piazza Mottino, detta dialettalmente “er piassèo”. Il ghetto di Pitigliano è oggi visitato da molti turisti, come uno dei più noti e caratteristici d’Italia. Lo sfratto dalle abitazioni fu intimato dal Messo Notificatore mediante il rituale di bussare con un bastone alle porte degli Ebrei. Successivamente, per ricordare questo episodio, gli Ebrei di Pitigliano crearono questo dolce allungato, a forma di bastone, fatto con un impasto di miele e noci, rivestito di una sfoglia leggera di pasta, di colore del pane. La forma è molto più sottile dell’analoga creazione del dolce allungato, detto attualmente “strudel “, che deriva però dal termine struhçla della liturgia dei Paleo-umbri, corrispondete alle offerte non cruente a forma del membro maschile (mentre la torta ficla, col buco come il bucellato, corrispondeva alla forma sessuale femminile). Fra le imposizioni subite col bastone dagli Ebrei, si ricorda nel paese di Pignone (Val di Vara) la tradizione di andare nel Giovedì Santo in giro per il borgo picchiando in terra con grossi bastoni, mimando “de pika i Ebrei”. I vecchi pignonesi ricordano un vicolo della Rabbina e un orto degli Ebrei, che si trovava sopra il muro del poggio che sovrasta la chiesa.
L’origine di questo dolce, dal nome assai strano, deriva da un fatto storico legato a questa comunità. Nei primi anni del 1600 gli Ebrei residenti in Pitigliano furono oggetto di un editto del Granduca di Toscana che li obbligava a lasciare le loro abitazioni e a concentrarsi in una zona della città a ridosso della Sinagoga. Questo luogo era chiamato “il ghetto”. L’etimologia di questo nome deriva dall’uso di gettare a mare le scorie di lavorazione delle fonderie, dalla voce dialettale “zetto”, presente sia a Venezia sia a Lerici. A Lerici, secondo quanto scrive Francesco Poggi, nel 1507 e nel 1508 furono costruiti grossi cannoni in bronzo, da imbarcarsi su brigantini per essere trasferiti in Corsica, uno per ogni brigantino e con partenze in giorni diversi (per ridurre il rischio di naufragio). Si può ipotizzare che i cannoni venissero fusi da maestri fonditori ebrei, presenti sia a Chiavari sia a Sestri Levante, e che quindi le scorie di queste fusioni avessero dato origine al toponimo “ghetto”. La fonderia doveva trovarsi in fondo all’attuale Piazza Mottino, detta dialettalmente “er piassèo”. Il ghetto di Pitigliano è oggi visitato da molti turisti, come uno dei più noti e caratteristici d’Italia. Lo sfratto dalle abitazioni fu intimato dal Messo Notificatore mediante il rituale di bussare con un bastone alle porte degli Ebrei. Successivamente, per ricordare questo episodio, gli Ebrei di Pitigliano crearono questo dolce allungato, a forma di bastone, fatto con un impasto di miele e noci, rivestito di una sfoglia leggera di pasta, di colore del pane. La forma è molto più sottile dell’analoga creazione del dolce allungato, detto attualmente “strudel “, che deriva però dal termine struhçla della liturgia dei Paleo-umbri, corrispondete alle offerte non cruente a forma del membro maschile (mentre la torta ficla, col buco come il bucellato, corrispondeva alla forma sessuale femminile). Fra le imposizioni subite col bastone dagli Ebrei, si ricorda nel paese di Pignone (Val di Vara) la tradizione di andare nel Giovedì Santo in giro per il borgo picchiando in terra con grossi bastoni, mimando “de pika i Ebrei”. I vecchi pignonesi ricordano un vicolo della Rabbina e un orto degli Ebrei, che si trovava sopra il muro del poggio che sovrasta la chiesa.