Le losanghe di Lunigiana e la Tradizione della lasagna.
Transunto.
La Lunigiana è terra consacrata a divinità femminili.
Ciò è confermato dalla toponomastica, da elementi storiografici e dai reperti di statue-stele, inizialmente femminili ed in seguito virilizzate. In Lunigiana si rinvengono alcuni significativi megaliti a forma di losanga.
Questa immagine, fatta risalire al 13 500 a.C. da Marija Gimbutas, è simbolo della potenza del femminile, nonché icona dell’organo sessuale femminile. Accanto alle losanghe di pietra si rinvengono alcuni toponimi in “Losanna”, nonché la tradizione gastronomica della lasagna, nonché alcuni proverbi di natura magico-propiziatoria legati al consumo rituale della lasagna nella festa dell’Epifania. La tradizione di mangiare pasta a forma di losanga si mantiene ancora oggi nell’Italia Centrale, e segnatamente in Abruzzo, ove due delle più antiche fabbriche di pasta alimentare di Fara San Martino producono i “rombi” (De Cecco) ed i “tacconelli” (Delverde), mentre due note fabbriche di pasta napoletana producono nella linea delle paste regionali le “taccozzette abbruzzesi” (Cirio) e le “fiammelle” (Voiello).
Ciò è spiegabile con la deportazione di tribù liguri nell’Italia Centrale da parte dei Romani, come asserito da Tito Livio. La tradizione di Lunigiana di dar da mangiare lasagne alle donne che allattano ci riconduce all’antica relazione di energia/forma e forma/energia, tema esoterico che si è mantenuto nella primitiva tradizione cristiana e dei Templari e che, inaspettatatamente, riemerge in un caso di antropologia del sacro dei nostri giorni.
La Lunigiana, terra consacrata alle dee.
La Lunigiana è terra mistica (dal greco iniziato ai misteri) consacrata a divinità femminili. La toponomastica ne offre una prova evidente attraverso le tracce di divinità della preistoria e della protostoria. La “Grande Madre”, come Mater Magna dei Latini, ha dato luogo ai toponimi di Monte Marmagna e Madrignano, “luoghi alti” capaci di grandi panorami, anche Bonassola ne è formata, secondo l’evolversi etimologico da Bona Dea = Bona Signora = Bona Sera, spiegato dal prof. Gerardo Maruotti di Napoli, in seguito citato. La greca Tèllus ha generato il toponimo Téllaro di Liguria, ma ve ne è un altro nella Sicilia Occidentale ( meglio pronunciato) che è il fiume Tèllaro (da Tèllus + ara). Giunone Caprotina e la Dea Cupra degli Osco-Umbri - la Cubrar di cui alla iscrizione rinvenuta nel tempio di Colfiorito, epicentro di energie telluriche bio-compatibili e purtroppo di terremoti (1) - sono richiamate dalle coppie di toponimi, simmetrici nella frequenza nella sinistra idro-grafica e nella destra idrografica del fiume Magra, di Caprio / Caprio (ora Teglia) nell’Alta Valle; Capria / Caprigliola nella Media Valle ; Caprione / Caprignano / Caprognano nella Bassa Valle. Lo schema si ripresenta in Val Graveglia con il Monte Capri di Polverara, dal quale si scorge, nel crinale opposto, il Monte Capri che sovrasta Corniglia delle Cinque Terre, sul cui crinale, aperto al mare, alla Provenza, all’arcipelago toscano, si trovano due bellissimi megaliti, ipotizzati essere una meridiana preistorica ed un men-hir (2). Giunone è presente anche come Moneta nel castello che domina la via di accesso a Carrara, dall’alto delle Apuane.
La prova storiografica del culto a Giunone ci è offerta da Tito Livio, che scrive che il Censore Marco Emilio chiese al Senato di Roma che fosse destinata una somma per celebrare i giochi in occasione della dedicazione dei templi a Giunone Regina ed a Diana, dei quali aveva fatto voto otto anni prima, durante la guerra contro i Liguri, per placare l’ira delle due divinità alle quali i popoli vinti erano consacrati (3).La divinità etrusca corrispondente alla Venere dei Romani si rinviene nel toponimo apuano Turano (da Turan)(4), prossimo al bellissimo Avenza, da Aventia, la divinità delle acque e delle sorgenti consacrata in una lapide nell’Aventicum (5) derivata dalla antichissima radice awa = acqua, che ha dato origine anche al toponimo Deiva, un classico idronimo, rafforzato anche dal nome del torrente che vi sfocia, il Bisagno (da bis + amnes) cioè i “due fiumi” (6) come facilmente intuibile anche nella trattazione del “Dizionario di Toponomastica” UTET, ove la curatrice della voce si limita alla esplicazione in idronimo.
Il culto a Diana, da parte dei Liguri, è marcato dall’etimologia di Sarzana, luogo sacro di origine pre-latina, come dimostrano i ritrovamenti delle statue stele di Falcinello e Boceda (7). Sarzana non si deve far derivare da Sergianus, ma più credibilmente - come arx + Janni - dalla divintà osco-umbra Janni (8) corrispondente della Diana dei Romani, sul cui culto asserisce Livio. Sulla presenza della tradizione osco-umbra molti sollevano dubbi, ma è indubbio che la Lunigiana ne mantiene le prove e Sarzana in particolare ne è un caposaldo storico.Basti considerare che il termine liturgico Asiane, documentato nelle Tavole di Gubbio (PUSTE ASIANE FETU ZEREF FETU) (9) ha dato luogo al toponimo “Asiano”, citato in atto dell’agosto 1170 del Codice Pelavicino (10) in cui il Vescovo di Luni Pipino concede ai Consoli e agli uomini di Sarzana di mutare e trasferire il borgo sulla riva della Magra nel luogo detto Asiano.
L’omofonia è perfetta ed è strabiliante vedere come tre secoli prima che venissero riportate alla luce le suddette Tavole, e otto secoli prima che venissero trascritte dal Devoto, i Sarzanesi utilizzassero detto termine. Omofonia perfetta si riscontra anche nel toponimo “Torza” di Val di Vara, che richiama la divinità eugubina Tursa (PERSUNTRU TURSE SUPER ERECLE), che ha lasciato traccia anche nel toponimo Torsana di Val di Magra. Hola, altra divinità delle Tavole di Gubbio (PERSUNTRU SUPU ERECLE HULE) dovrebbe aver generato il toponimo Olivola - perfettamente corrispondente all’omonimo della Daunia - mentre Padellar si riconosce nel Predallara di Arcola. L’affermazione di Polibio, che gli Umbri abitassero entrambi i versanti dell’Appennino, ed anche altre regioni d’Italia (come afferma Dionisio), è supportata da Plinio, che afferma che gli Umbri erano considerati gens antiquissima Italiae (11), e non ci si deve quindi stupire se ne possiamo leggere le tracce attraverso caratteristici toponimi-spia, diffusi in tutta la penisola. Da quanto sopra possiamo convincerci che la Lunigiana sia stata terra consacrata a divinità femminili.
Le Losanghe di Lunigiana.
In Lunigiana si rinvengono alcuni megaliti scolpiti a forma di losanga.Una grande losanga si trova a Iera (toponimo sacro da Ierai petrai =le sacre pietre) sulla sponda destra del torrente Bagnone.
Alcune si rinvengono sulle pendici del Monte Losanna, che ne è stato direttamente influenzato nel toponimo ; anche un paese sottostante ne porta il nome, che nasce dalla etimologia greca di loxos + anghilos = obliquo + tagliato. Due megaliti a forma di losanga si rinvengono nel Caprione, mentre una losanga incisa si trova sul sentiero 118 CAI di Lunigiana (12) che da Treschietto sale al Passo di Badignana. La perfezione dell’iconografia si ha nel crinale di Baton di detto tracciato, a quota m 1350 s.l.m., ove si rinvengono due megaliti a forma di losanga, di eguali dimensioni, affiancati, di cui uno porta al centro una grande coppella. Marija Gimbutas fornisce l’interpretazione delle due losanghe appaiate come richiamo contemporaneo della Dea Madre, “gravida” (13) quando nelle immagini presenta un punto al centro, e “non gravida”. Il simbolo della losanga è così definito da Peg Streep (14):
“The lozenge, probably a schematized icon of the vulva and the pubic triangle, is found on the bellies, buttocks, and breasts of the Cucuteni Pregnant Goddess in the Middle of the fifth millenium”.
Ingrid Riedel scrive in proposito (15):
“Soprattutto nell’ambito dell’induismo e del tantrismo il triangolo con la punta rivolta verso il basso è nello stesso tempo simbolo dello Yoni, del genitale femminile per antonomasia e della bocca dell’utero, del grembo materno e della sua forza generatrice. Il punto che quasi sempre vi è contenuto o il triangolo più piccolo nel suo centro è immagine delloovulo fecondato, della vita che sboccia nel seno materno”.
Questo potente simbolismo ha consentito di tramandarne l’iconografia per millenni, e ciò è continuato anche nel Cristianesmo e nel Rinascimento. Nelle chiese, nei palazzi, sia all’interno sia all’esterno, si sono utilizzate le losanghe come ornamento estetico. Dietro questa tradizione emerge però una tradizione esoterica, legataal complesso tema del rapporto energia/forma e forma/energia.
Nel mistero del rapporto forma/energia.
L’utilizzo del simbolo della losanga negli edifici sacri cristiani non può essere né ignorato né sottovalutato. Il Cristianesimo si è innestato con sapienza nei temi liturgici delle religioni pagane, mantenendo iconografie antiche che venivano riempite di nuovo valore semantico, e quando possibile hanno mantenuto un identico valore semantico, indirizzato però alla nuova realtà teologica della rivelazione trinitaria: uso della stola, uso della tovaglia sacrificale / mantrakle nelle Tavole di Gubbio, uso delle veste lunga / punikiat nelle Tavole di Gubbio, preghiera in silenzio, preghiera ad alta voce, preghiera in piedi, preghiera in ginocchio, offerta del vino, offerta della carne sacrificale / sacrificio della croce, offerta della torta rotonda / ostia, festività del solstizio di inverno / Natale, festività del solstizio d’estate / San Giovanni, festività dell’inizio della transumanza / Pasqua, comunione della carne alla fine del rito / consumazione dell’Eucarestia a fine del rito, uso del turibolo, aspersione con l’acqua lustrale, processione pasquale / trasporto dell’albero nel bosco sacro all’inizio della primavera, unzione con l’olio, uso della predella sotto l’altare, uso della balaustra / cichero nelle Tavole di Gubbio, rogazioni / processione nel bosco sacro (16).
Le enormi losanghe della facciata della chiesa di San Michele in Lucca, così vicine territorialmente alla Lunigiana, lasciano attoniti e fanno riflettere. L’ esempio più bello e pregnante di riflessioni storiche ci viene da una terra famosa per le sue acque termali ; trattasi del Santuario di Nostra Signora della Salute in Monteortone (Abano Terme), chiesa costruita nel 1428 a seguito di una guarigione miracolosa ottenuta lavandosi nell’acqua della fonte sottostante.In entrambe le pareti che attorniano l’altare centrale vi sono decorazioni marmoree formate da grandi losanghe bianco-nere, portanti al centro il cerchio. Al di sotto del santuario continua a sgorgare la fonte, già sacra a Celti e Venetulani, dedicata al culto di Apono, “incarnazione sacrale delle acque sorgive termali” (17). Si noti che Maponus è divinità celtico-britannica (18) dai Romani equiparata ad Apollo, e che poni è la bevanda sacra delle Tavole di Gubbio. Della sacralità e della potenza guaritrice di questa fonte scrive Claudiano, che aggiunge che presso questa fonte Apona vi era un oracolo ritenuto infallibile (19). Oltre che a rinvenire in ciò una “continuità del sacro nello stesso sito ” dalla protostoria al Cristianesimo si riscontra una continuità di uso di simbologie geometriche antiche, di cui conosciamo il significato anche in termini cristiani:
- il quadrato-losanga significa la Terra ;
- il cerchio è la raffigurazione del Verbum Dei sceso sulla Terra ;
- il triangolo è la rappresentazione del Padre, che Lo ha inviato.
Tutto parrebbe semplice e lineare. La grande diffusione della losanga in edifici non sacri, sia nei pavimenti, sia nelle porte, sia nelle facciate, sia negli abiti, sia nei monili, apre però una diversa problematica, che può essere messa in collegamento con altra parte della tradizione di Lunigiana. Si tratta della tradizione orale, della tradizione dei proverbi e di quella gastronomica, che mettono in connessione la forma della losanga con la forma della lasagna, e la tradizione della lasagna con la festività della Epifania.
La tradizione più importante in tal senso è quella di dare le lasagne alle donne che devono allattare, perché abbiano più latte. Ciò mette in relazione la forma con l’apporto metabolico-energetico dell’alimento. L’altra tradizione che mette in relazione l’alimento lasagna con il sacrum facere è il dover reimpastare la pasta qualora le linee finali del taglio della sfoglia per fare le lasagne non vadano a coincidere. Ciò denota la ricerca della perfezione nel rito delle offerte, così come tramandato dalla tradizione etrusca e così come appare frequentemente richiesto nelle espressioni liturgiche delle Tavole di Gubbio:
- allora il libamento e il grasso sotto l’altare sussidiario, senza difetto, tratti dal dolio......;
- A Hondo Giovio si immoli il cane senza difetto....;
- Con gli spiedi senza difetto si preghi al di là della spina......;
- Si ritorni all’ara. Presso l’ara con il vino senza difetto si preghi. in silenzio...
I due proverbi che si raccolgono in Lunigiana confermano la appartenenza della tradizione di impastare le lasagne nella prima grande festa del nuovo anno - l’Epifania - alla ritualità magico-impetrativa:
- chi pe’ a Pefana i no fa a lasagna, tuto l’ano i s’arencagna ;
Chi per l’Epifania non fa le lasagne tutto l’anno soffrirà la fame ;
- Paskua Pefana, bianca lasagna, o bianca o negra, basta che la sia destesa ;
Per Pasqua Epifania si devono fare le lasagne, o bianche o verdi, purché .... siano distese.
E’ importante notare l’accenno alla necessità di lasciar riposare le lasagne ben distese sulla tavola o sulla madia. In ciò sta il segreto della raccolta dell’energia di campo, che attraverso la forma a losanga è maggiore rispetto ad altre forme. Questo asserto appartiene alle conoscenze esoteriche e non è unico in Lunigiana. Un richiamo alla importanza della esposizione si ritrova nella tradizione di lasciare l’acqua “alla serena” (aa serena). Si tratta di lasciare una brocca d’acqua o una bottiglia d’acqua esposte fuori della finestra per tutta la notte e di berne poi il contenuto al mattino. L’acqua così energizzata trasmetterà la propria energia ai vari organi, risvegliandone l’attività.La fisica quantistica può offrire una spiegazione per questa pratica (20). L’acqua infatti non è da considerarsi un elemento formato da atomi di idrogeno ed ossigeno che stanno insieme per i legami chimico-elettrostatici dei due elementi, ma è “una sostanza a molecole orientate ed orientabili” nella quale vigono le proprietà del “dominio di coerenza” e della ”coerenza fra domini di coerenza”. I cosidetti “raggi cosmici”, oggi meglio classificati dalla fisica quantistica come flussi di fotoni, modificano la qualità energetica dell’acqua esposta all’aperto nella notte, che, bevuta, trasmette il suo stato di coerenza all’acqua dei tessuti del corpo umano. Oltre che in Lunigiana la tradizione di mangiare pasta a forma di losanga si rinviene in Italia Centrale e ciò si spiega richiamando le deportazioni delle varie tribù Liguri da parte dei Romani, come ne scrive Livio:
“e, imbarcatine circa settemila, li fece portare lontani dalle spiagge etrusche fino a Napoli, donde furono mandati nel Sannio ed ebbero sede fra i loro connazionali” (21).
Due delle più antiche fabbriche di pasta alimentare di Fara San Martino producono i “rombi”(De Cecco) e i “Tacconelli” (Delverde), mentre due note fabbriche napoletane di pasta producono nella linea delle specialità regionali le “taccozzette abruzzesi” (Cirio) e le “fiammelle” (Voiello). Il fatto che questo tipo di pasta venga prodotto industrialmente significa che vi è una radicata tradizione fra le popolazioni che la consumano costantemente, in quanto se non ne avvenisse la rotazione rapida nei magazzini ne cesserebbe la produzione, per motivo di mancato rientro degli investimenti. Il rapporto forma / energia, non più noto nel suo primitivo valore semantico, permane quindi come fattore estetico. Nella tradizione esoterica quattro losanghe concentriche sono una potente macchina energetica. Questa simbologia si rinviene in placche pettorali e cinture, sia dell’età del bronzo sia più tarde, come è possibile verificare visivamente nelle immagini riprodotte nelle seguenti opere:
- North J., 1997 - Il Mistero di Stonehenge, 5 000 anni fa un popolo nordico adoratore di stelle costruì il cielo sulla terra, pag. 635, rigo 5 e seguenti, Casale Monferrato, Edizioni Piemme, pagg. 7 - 735 ;
- Nougier L.R., 1982 - La Preistoria, pag. 263, Torino, UTET, pagg. 2 - 290 ;
- Chieco Bianchi A.M., 1988- I Veneti, pag. 73, A.A.V.V. - Italia Omnium Terrarum Alumna, La civiltà dei Veneti, Reti, Liguri, Celti, Piceni, Umbri, Latini, Campani, Iapigi, Milano, Vol. XI, Garzanti-Scheiwiller, pagg. 3 - 720.
Le prime antenne radio-riceventi avevano una simile forma!
I Templari fecero molto uso delle losanghe. Ancora oggi è possibile osservare nel Castello di Bianzano, posto nella Val Cavallina - che fu una variante della Via Francigena sperimentata da Federico Barbarossa nel 1166 - l’apparecchio murario dei quattro lati del cortile decorato da losanghe bianco-nere, dal complesso simbolismo (luce e tenebre, il manifestato e il non manifestato, il cielo e la terra) studiato da Aldo Tavolaro dell’Istituto Italiano dei Castelli. Tale simbologia dualistica richiama il tema del numero due della religiosità del Neolitico, presentato da Marija Gimbutas come “Il Potere di Due” (22). Si noti come il toponimo del luogo e il nome del castello derivino proprio dall’appellativo che veniva dato a dette losanghe (le “bianciane”). Se con la fine dei Templari tali conoscenze scomparvero dal sapere comune, per restare oggetto di conoscenze di circoli ristretti (< vissuto esoterico>) si verifica oggi una ricomparsa di questa simbologia in un contesto particolare, appena tollerato dalle autorità religiose e civili, che si evidenzia tramite la tecnologia dei mezzi audio-visivi. A Ortola di Massa, un veggente riceve messaggi mariani attraverso la “locuzione interiore” o il “sonno estatico” alle ore 12 del giorno 20 di ogni mese. Durante tale fenomeno, puntando la macchina a sviluppo automatico “Polaroid” verso il sole (cosa non certo raccomandata nella prassi del fotografare) alcune persone ottengono immagini che contengono la losanga di luce, non posizionata al centro dell’immagine. Il contesto è decisamente popolare, sia per i frequentatori del luogo sia per la persona del veggente, che vive facendo il pastore. Si potrebbe parlare di un “vissuto non esoterico”, ma chi vive queste esperienze manca della cultura per leggervi un collegamento di largo respiro antropologico, che mette in comunicazione gli archetipi del femminile della religione del Neolitico (culto della Dea Madre) con il tema della salvezza della “fine dei tempi”, come enunciato dalla Apocalisse (12 - 1,3) ove si legge che la salvezza dell’umanità verrà da una “donna vergine che partorisce un figlio maschio”.Questo tema teologico, che accomuna l’immagine mariana con la losanga, non è nuovo e si trova in molti dipinti commissionati in aree ove si è sviluppata la spiritualità degli Amadeiti, così detti da fra Amedeo da Silva (frater Amadeus Hispanus, Ceuta - 1420 ; Milano -1482) nobile ebreo di origine marocchina, convertitosi e divenuto francescano e fondatore di una congregazione di stretta osservanza, ispiratore di istanze che oggi definiremmo ecumeniche, assai osteggiato in ambienti ecclesiastici, ma sempre rispettato e temuto e mai allontanato, per la profonda amicizia con Galeazzo Maria Sforza, signore di Milano.
NOTE:
(1) = cfr. Roncalli F.,1990 - Gli Umbri, pag. 401, rigo 16, A.A.V.V. Collana ITALIA omnium terrarum alumna, Vol. XI, Milano, Garzanti-Scheiwiller, pagg. 3 - 720. Durante la settimana di servizio di volontariato a Colfiorito ho potuto constatare come il luogo ove sorgeva il tempio della Dea Cupra fosse prossimo all’epicentro del terremoto!
(2) = cfr. Calzolari E., 1994 - Meridiane Preistoriche nelle Cinque Terre?, pagg. 23 - 27 -Bollettino Osservatorio Astronomico – Genova n. 65/Giugno 1994,Genova,Università Popolare Sestrese, pagg. 1- 48.
-cfr. Priuli A. - Pucci I., 1994 - Incisioni rupestri e megalitismo in Liguria, pag.148, Ivrea, Priuli & Verlucca, pagg. 5 - 159.
(3) = cfr. Titi Livi, Ab urbe Condita, Tito Livio a cura di Vitali C., 1973 - Storia di Roma, Capitolo LII, Libro XL, Vol. XIII, pag. 283, righi 23 - 25, Bologna, Zanichelli, pagg. 8 - 335.
(4) = cfr. Aziz P., 1990 - La civiltà etrusca, pag. 117, righi 10- 14, La Spezia, Fratelli Melita Editori, pagg. 6 - 266.
- cfr. Staccioli R.A., 1987 - Gli Etruschi mito e realtà, pag. 134, rigo 30, La Spezia, Fratelli Melita Editori, pagg. 6 - 174.
- cfr. Cristofani M., 1973 - Introduzione allo studio dell’Etrusco, pag. 102, rigo 15, Firenze, Leo S. Olschki Editore, pagg. 5 – 197.
. (5) cfr. Beretta C., 1997 - Toponomastica in Valcamonica e Lombardia, pag. 179, righi 10-15, Capo di Ponte-Brescia, Edizioni del Centro Camuno di Studi Preistorici, pagg. 1- 240.
(6) = cfr. Petracco Sicardi G., 1990 - voce Bisagno - pag. 80 - Dizionario di Toponomastica, Torino, U.T.E.T., pagg. 3 - 729.
(7) = cfr. Ambrosi A.C., 1992 - Statue Stele Lunigianesi - il museo nel castello del Piagnaro, pag. 30, pag. 48 - Genova, Sagep, pagg. 3 - 63.
(8) = cfr. Maruotti G., 1990 - Italia Sacra Preistorica, La dimensione europea delle Tavole di Gubbio, pag. 56, rigo 15, rigo 27, pag. 208, righi 17 - 19, Foggia, Amministrazione Provinciale di Capitanata, pagg. 7 - 502.
(9) = cfr. Nota (1) opera ivi citata, pag. 395, figg. 343 - 344. Le Tavole di Gubbio sono sette tavole in bronzo del III secolo a.C., venute alla luce nel 1444 e trascritte dalla lingua osco-umbra in latino dal Devoto. Costituiscono il più grande documento rituale dell’occidente, confrontabile con il Levitico della Bibbia. Sono poco studiate dagli studiosi italiani ; serpeggia subdolamente l’accusa di falso, nonostante che Colin Renfrew abbia scritto: “ Oltre al latino vi è la lingua Umbra, con l’affascinante ed esteso testo scritto sulle tavolette bronzee di Gubbio” (Renfrew C., 1989 Archeologia e linguaggio, pagg. 80 - 81, Bari, Laterza, pagg. 3 - 368). Dopo il Devoto vi si sono applicati il Rebizzo, il Pisani, il Prosdocimi e, più recentemente, il Maruotti ne ha fatto il suo oggetto di studio preferenziale.Nel 1996 è stato pubblicato in Perugia il testo di Augusto Ancillotti e Romolo Cerri “Le Tavole di Gubbio e la civiltà degli Umbri”- Edizioni Jama.
(10) = Il Codice Pelavicino è il più importante incunabolo di Lunigiana. Contiene oltre cinquecento pergamene atte a dimostrare i diritti del vescovo-conte di Lunigiana., che vanno dal 900 al 1287. Fu conservato presso il Capitolo della Cattedrale di Sarzana ed attualmente è custodito presso il Centro Studi Nicolò V (Biblioteca del Seminario Vescovile di Sarzana). Nel 1912 la Società Ligure di Storia Patria ne pubblicò il Regesto a cura del prof. Michele Lupo Gentile.
(11) = cfr. Nota (1) opera ivi citata, pag. 376, rigo 1.
(12) = Una grande pietra a forma di losanga forma la tavola dell’altare del sito sacro megalitico dei Branzi ; la pietra, spezzata in tre parti, giace ancora sul piedistallo, che è cavo e porta tre strane aperture, ancora in fase di studio (vortici di acqua?). Il manufatto è inedito ed enigmatico, in quanto la dolomia luminescente della quale è costituito non si ritrova né nel sito né nel Caprione.Da dove fu trasportato? (forse dalle Apuane) E, soprattutto, come fu possibile trasportarlo, considerato il peso che supera la tonnellata? Altra grande pietra a losanga forma il lato alto trasverso del trilithon di San Lorenzo al Caprione, ove il sole penetra al tramonto del solstizio d’estate.Ne è stata data notizia del ritrovamento nella planchette a titolo: Misteri di Lunigiana...quella divina lasagna, La Spezia, Luna Editore,1998, pagg. 2-34, ove è analizzata anche la losanga incisa di quota m 1 160 s.l.m., raffigurata nella incisione rupestre del Sentiero 118 CAI di Lunigiana. L’analisi spettrografica ha consentito di conoscere che l’incisione è stata scolpita con diaspro e rifinita con calcedonio. Il diaspro proveniva dal giacimento di Chiavari - Maissana, sfruttato fino al 2 500 a.C. Non si conosce ancora la provenienza del calcedonio. L’incisione, presentata al Valcamonica Symposium 96’, contiene i seguenti elementi:
- losanga; due tridenti; verga del rabdomante a rotazione verticale, affiancata da riga verticale; quadrato relativo allo spazio suddiviso secondo i punti cardinali (templum); cerchio con angolo inscritto. Incisione analoga si rinviene nell’India Meridionale, in una parete di un tempio roccioso all’aperto, presso Vijaianagar (distretto di Hampi).
Più recentemente è stato rinvenuto nel Massiccio Centrale Francese – Regione Lozère – nel sito megalitico chiamato Château Vieux de Randon, un quadrilithon sormontato da una pietra a losanga. Di questa struttura ne è stato presentato un poster al Congresso di Monte Porzio Catone a tema “Cosmology Through Time – Ancient and modern cosmologies in the Mediterranean area” (giugno 2001), un poster al congresso della Associazione degli Archeologi Europei in Esslingen (E.A.A.-settembre 2001) nonché comunicazione al secondo congresso annuale della Società Italiana per l’Archeoastronomia, tenutosi a Monte Porzio Catone nel settembre 2002.
(13) = cfr. Gimbutas M., 1990 - Il linguaggio della Dea, mito e culto della Dea Madre nell’Europa Neolitica, pag. 324, Milano, Longanesi, pagg. 1-388. Si vedano in altro articolo i due megaliti a forma di losanga, appaiati, così come appaiono sul crinale di “Baton”, con il particolare della coppella del megalite che simbolizza la “Dea Gravida”, la “Pregnant Goddess” di Peg Streep di cui alla successiva Nota 14.
(14) = cfr. Streep P., 1994 - Sanctuaries of the Goddess, The Sacred Landscapes and Objects, pag. 42, righi 6-9, London, Bulfinch Press Book, pagg. 3-222.
(15) = Riedel I., 1996 - Forme, cerchio, triangolo, croce, quadrato, spirale: figure geometriche e tipi psicologici, pag. 76, rigghi 1- 12, Como, Red Edizioni, pagg. 7-155.
(16) = cfr. Calzolari E., 1994 - La Comunità di Fabiano, segni, riti e miti di Indoeuropei, Celti e Ariani sulle alture del Golfo della Spezia, pagg. 57 - 58 - 59, La Spezia, Luna Editore, pagg. 9 - 107.
(17) = cfr. Barcaro F.A., 1996 - Il Santuario e il complesso monastico di Monteortone - Abano Terme, tra storia, religiosità e arte, pag. 13, righi 10 - 12, Padova, Editoriale Programma, pagg. 13-236.
(18) = cfr. Morelli A., 1989 - Dei e miti, enciclopedia di mitologia universale, pag. 325, La Spezia, Fratelli Melita, pagg. 1-596.
(19) = cfr. Nota (18) opera ivi citata, pag. 52.
(20) = cfr. Froelich H., 1988 - Biological coherence and response to external stimuli, Springer Verlag, Berlin.
(21) = cfr. Nota (3), opera ivi citata, Capitolo XLI, pag. 259, righi 16-20. La tradizione di non tagliare la lasagna a “mandilo”, cioè squadrata, ma a “losanga”, si ritrova anche nell’entroterra chiavarese, zona che mantiene tracce di toponimi osco-umbri, nonché del toponimo Caucaso (forse nome degli antichi Etruschi = kau-kau) nonché prossima a giacimenti di diaspro sfruttati nella preistoria.
(22) = cfr. Nota (13 ), opera ivi citata, Capitolo 16, pagg. 161 – 173
BIBLIOGRAFIA:
Ambrosi A.C., 1992 - Statue Steli Lunigianesi, il museo nel castello del Piagnaro - Genova, Sagep, pagg. 3 / 63
Aziz P., 1990 - La Civiltà etrusca (titolo originale: La civilisation étrusque) - La Spezia, Fratelli Melita Editori, pagg. 6 / 626
AA.VV. 1990 - Dizionario di Toponomastica - Torino, UTET, pagg. 3 – 279
A.A.VV. 1990 - ITALIA omnium terrarum alumna - Vol. XI, Milano, Garzanti-Scheiwiller, pagg. 3 – 720
AA.VV. 1998 - Misteri di Lunigiana...quella divina lasagna – La Spezia, Luna Editore, pagg. 5–35
Barcaro F. A., 1996 - Il Santuario e il complesso monastico di Monteortone - Abano Terme, tra storia, religiosità e arte - Padova, Editoriale Programma, pagg. 13–236
Beretta C., 1997 - Toponomastica in Valcamonica e Lombardia -Capo di Ponte, Brescia, Edizioni del Centro Camuno di Studi Preistorici, pagg. 1 – 240
Calzolari E., 1994 - La Comunità di Fabiano, segni, riti e miti di Indoeuropei, Celti e Ariani sulle alture del Golfo della Spezia - La Spezia, Luna Editore, pagg. 9 – 107
Calzolari E., 1994 - Meridiane preistoriche nelle Cinque Terre? - pagg.23 - 27 da AA.VV.,Bollettino dell’Osservatorio Astronomico di Genova n. 65 / 94 - Genova, Università Popolare Sestrese, pagg. 1 - 48.
Cristofani M., 1973 - Introduzione allo studio dell’Etrusco - Firenze,Leo Olschki Editore, pagg. 5 – 197
Gimbutas M., 1990 - Il linguaggio della Dea, mito e culto della Dea Madre nell’Europa Neolitica (tit. orig.: The Language of the Goddess, Harper & Row Publishers, 1989 ) -Milano, Longanesi, pagg. 1 – 388
Lupo Gentile M., 1912 - Il Regesto del Codice Pelavicino - Genova, Società Ligure di Storia Patria, pagg. 1 – 733
Maruotti G., 1990 - Italia Sacra preistorica, la dimensione europea delle Tavole di Gubbio - Foggia, Amministrazione Provinciale della Capitanata, pagg. 7 – 502
Morelli A., 1989 - Dei e miti, enciclopedia di mitologia universale - La Spezia, Fratelli Melita Editori, pagg. 1 – 596
North J., 1997 - Il Mistero di Stonehenge, 5 000 anni fa un popolo nordico adoratore di stelle costruì il cielo sulla terra (tit. orig.: Stonehenge, Harper Collins Pubblisher, 1996) - Casale Monferrato, Edizioni Piemme, pagg. 7 – 730
Nougier L.R., 1982 - La preistoria - Torino, UTET, pagg. 2 - 289
Priuli A. / Pucci I., 1994 - Incisioni rupestri e megalitismo in Liguria -Ivrea, Priuli & Verlucca, pagg. 5 - 159
Renfrew C., 1989 - Archeologia e linguaggio (tit. orig.: Archaeology and Language, the Puzzle of Indo-European Origins, London, Jonathan Cape Ltd, 1987) Bari, Laterza, pagg. 3 – 368
Riede I., 1996 - Forme, cerchio, triangolo, croce, quadrato, spirale: figure geometriche e tipi psicologici (tit. orig.: Formen, Kreuz Verlag, Stuttgart, 1985) - Como, Red Edizioni, pagg. 7 – 155
Staccioli R.A., 1987 - Gli Etruschi mito e realtà - La Spezia, FratelliMelita Editori, pagg. 6 – 174
Streep P., 1994 - Sanctuaries of the Goddess, The Sacred Landscapes and Objects - London, Bulfinch Press Book, pagg. 3 - 222
Tito Livio - Storia di Roma (Titi Livi - Ab urbe condita) - a cura di Vitali C., 1973 - Vol. XIII, Bologna, Zanichelli, pagg. 8 – 335
L’articolo costituisce un aggiornamento della comunicazione fatta alla Seconda Conferenza Internazionale di Antropologi e Storia della Salute e delle Malattie “Antropologia, Alimentazione e Salute” tenutasi a Genova dal 2 al 5 aprile 1998, recepita nel volume degli Atti a titolo IL CIBO CULTURALE – DAL CIBO ALLA CULTURA, DALLA CULTURA AL CIBO- Erga edizioni, Genova, 1999 – pagg. 194 – 206
Transunto.
La Lunigiana è terra consacrata a divinità femminili.
Ciò è confermato dalla toponomastica, da elementi storiografici e dai reperti di statue-stele, inizialmente femminili ed in seguito virilizzate. In Lunigiana si rinvengono alcuni significativi megaliti a forma di losanga.
Questa immagine, fatta risalire al 13 500 a.C. da Marija Gimbutas, è simbolo della potenza del femminile, nonché icona dell’organo sessuale femminile. Accanto alle losanghe di pietra si rinvengono alcuni toponimi in “Losanna”, nonché la tradizione gastronomica della lasagna, nonché alcuni proverbi di natura magico-propiziatoria legati al consumo rituale della lasagna nella festa dell’Epifania. La tradizione di mangiare pasta a forma di losanga si mantiene ancora oggi nell’Italia Centrale, e segnatamente in Abruzzo, ove due delle più antiche fabbriche di pasta alimentare di Fara San Martino producono i “rombi” (De Cecco) ed i “tacconelli” (Delverde), mentre due note fabbriche di pasta napoletana producono nella linea delle paste regionali le “taccozzette abbruzzesi” (Cirio) e le “fiammelle” (Voiello).
Ciò è spiegabile con la deportazione di tribù liguri nell’Italia Centrale da parte dei Romani, come asserito da Tito Livio. La tradizione di Lunigiana di dar da mangiare lasagne alle donne che allattano ci riconduce all’antica relazione di energia/forma e forma/energia, tema esoterico che si è mantenuto nella primitiva tradizione cristiana e dei Templari e che, inaspettatatamente, riemerge in un caso di antropologia del sacro dei nostri giorni.
La Lunigiana, terra consacrata alle dee.
La Lunigiana è terra mistica (dal greco iniziato ai misteri) consacrata a divinità femminili. La toponomastica ne offre una prova evidente attraverso le tracce di divinità della preistoria e della protostoria. La “Grande Madre”, come Mater Magna dei Latini, ha dato luogo ai toponimi di Monte Marmagna e Madrignano, “luoghi alti” capaci di grandi panorami, anche Bonassola ne è formata, secondo l’evolversi etimologico da Bona Dea = Bona Signora = Bona Sera, spiegato dal prof. Gerardo Maruotti di Napoli, in seguito citato. La greca Tèllus ha generato il toponimo Téllaro di Liguria, ma ve ne è un altro nella Sicilia Occidentale ( meglio pronunciato) che è il fiume Tèllaro (da Tèllus + ara). Giunone Caprotina e la Dea Cupra degli Osco-Umbri - la Cubrar di cui alla iscrizione rinvenuta nel tempio di Colfiorito, epicentro di energie telluriche bio-compatibili e purtroppo di terremoti (1) - sono richiamate dalle coppie di toponimi, simmetrici nella frequenza nella sinistra idro-grafica e nella destra idrografica del fiume Magra, di Caprio / Caprio (ora Teglia) nell’Alta Valle; Capria / Caprigliola nella Media Valle ; Caprione / Caprignano / Caprognano nella Bassa Valle. Lo schema si ripresenta in Val Graveglia con il Monte Capri di Polverara, dal quale si scorge, nel crinale opposto, il Monte Capri che sovrasta Corniglia delle Cinque Terre, sul cui crinale, aperto al mare, alla Provenza, all’arcipelago toscano, si trovano due bellissimi megaliti, ipotizzati essere una meridiana preistorica ed un men-hir (2). Giunone è presente anche come Moneta nel castello che domina la via di accesso a Carrara, dall’alto delle Apuane.
La prova storiografica del culto a Giunone ci è offerta da Tito Livio, che scrive che il Censore Marco Emilio chiese al Senato di Roma che fosse destinata una somma per celebrare i giochi in occasione della dedicazione dei templi a Giunone Regina ed a Diana, dei quali aveva fatto voto otto anni prima, durante la guerra contro i Liguri, per placare l’ira delle due divinità alle quali i popoli vinti erano consacrati (3).La divinità etrusca corrispondente alla Venere dei Romani si rinviene nel toponimo apuano Turano (da Turan)(4), prossimo al bellissimo Avenza, da Aventia, la divinità delle acque e delle sorgenti consacrata in una lapide nell’Aventicum (5) derivata dalla antichissima radice awa = acqua, che ha dato origine anche al toponimo Deiva, un classico idronimo, rafforzato anche dal nome del torrente che vi sfocia, il Bisagno (da bis + amnes) cioè i “due fiumi” (6) come facilmente intuibile anche nella trattazione del “Dizionario di Toponomastica” UTET, ove la curatrice della voce si limita alla esplicazione in idronimo.
Il culto a Diana, da parte dei Liguri, è marcato dall’etimologia di Sarzana, luogo sacro di origine pre-latina, come dimostrano i ritrovamenti delle statue stele di Falcinello e Boceda (7). Sarzana non si deve far derivare da Sergianus, ma più credibilmente - come arx + Janni - dalla divintà osco-umbra Janni (8) corrispondente della Diana dei Romani, sul cui culto asserisce Livio. Sulla presenza della tradizione osco-umbra molti sollevano dubbi, ma è indubbio che la Lunigiana ne mantiene le prove e Sarzana in particolare ne è un caposaldo storico.Basti considerare che il termine liturgico Asiane, documentato nelle Tavole di Gubbio (PUSTE ASIANE FETU ZEREF FETU) (9) ha dato luogo al toponimo “Asiano”, citato in atto dell’agosto 1170 del Codice Pelavicino (10) in cui il Vescovo di Luni Pipino concede ai Consoli e agli uomini di Sarzana di mutare e trasferire il borgo sulla riva della Magra nel luogo detto Asiano.
L’omofonia è perfetta ed è strabiliante vedere come tre secoli prima che venissero riportate alla luce le suddette Tavole, e otto secoli prima che venissero trascritte dal Devoto, i Sarzanesi utilizzassero detto termine. Omofonia perfetta si riscontra anche nel toponimo “Torza” di Val di Vara, che richiama la divinità eugubina Tursa (PERSUNTRU TURSE SUPER ERECLE), che ha lasciato traccia anche nel toponimo Torsana di Val di Magra. Hola, altra divinità delle Tavole di Gubbio (PERSUNTRU SUPU ERECLE HULE) dovrebbe aver generato il toponimo Olivola - perfettamente corrispondente all’omonimo della Daunia - mentre Padellar si riconosce nel Predallara di Arcola. L’affermazione di Polibio, che gli Umbri abitassero entrambi i versanti dell’Appennino, ed anche altre regioni d’Italia (come afferma Dionisio), è supportata da Plinio, che afferma che gli Umbri erano considerati gens antiquissima Italiae (11), e non ci si deve quindi stupire se ne possiamo leggere le tracce attraverso caratteristici toponimi-spia, diffusi in tutta la penisola. Da quanto sopra possiamo convincerci che la Lunigiana sia stata terra consacrata a divinità femminili.
Le Losanghe di Lunigiana.
In Lunigiana si rinvengono alcuni megaliti scolpiti a forma di losanga.Una grande losanga si trova a Iera (toponimo sacro da Ierai petrai =le sacre pietre) sulla sponda destra del torrente Bagnone.
Alcune si rinvengono sulle pendici del Monte Losanna, che ne è stato direttamente influenzato nel toponimo ; anche un paese sottostante ne porta il nome, che nasce dalla etimologia greca di loxos + anghilos = obliquo + tagliato. Due megaliti a forma di losanga si rinvengono nel Caprione, mentre una losanga incisa si trova sul sentiero 118 CAI di Lunigiana (12) che da Treschietto sale al Passo di Badignana. La perfezione dell’iconografia si ha nel crinale di Baton di detto tracciato, a quota m 1350 s.l.m., ove si rinvengono due megaliti a forma di losanga, di eguali dimensioni, affiancati, di cui uno porta al centro una grande coppella. Marija Gimbutas fornisce l’interpretazione delle due losanghe appaiate come richiamo contemporaneo della Dea Madre, “gravida” (13) quando nelle immagini presenta un punto al centro, e “non gravida”. Il simbolo della losanga è così definito da Peg Streep (14):
“The lozenge, probably a schematized icon of the vulva and the pubic triangle, is found on the bellies, buttocks, and breasts of the Cucuteni Pregnant Goddess in the Middle of the fifth millenium”.
Ingrid Riedel scrive in proposito (15):
“Soprattutto nell’ambito dell’induismo e del tantrismo il triangolo con la punta rivolta verso il basso è nello stesso tempo simbolo dello Yoni, del genitale femminile per antonomasia e della bocca dell’utero, del grembo materno e della sua forza generatrice. Il punto che quasi sempre vi è contenuto o il triangolo più piccolo nel suo centro è immagine delloovulo fecondato, della vita che sboccia nel seno materno”.
Questo potente simbolismo ha consentito di tramandarne l’iconografia per millenni, e ciò è continuato anche nel Cristianesmo e nel Rinascimento. Nelle chiese, nei palazzi, sia all’interno sia all’esterno, si sono utilizzate le losanghe come ornamento estetico. Dietro questa tradizione emerge però una tradizione esoterica, legataal complesso tema del rapporto energia/forma e forma/energia.
Nel mistero del rapporto forma/energia.
L’utilizzo del simbolo della losanga negli edifici sacri cristiani non può essere né ignorato né sottovalutato. Il Cristianesimo si è innestato con sapienza nei temi liturgici delle religioni pagane, mantenendo iconografie antiche che venivano riempite di nuovo valore semantico, e quando possibile hanno mantenuto un identico valore semantico, indirizzato però alla nuova realtà teologica della rivelazione trinitaria: uso della stola, uso della tovaglia sacrificale / mantrakle nelle Tavole di Gubbio, uso delle veste lunga / punikiat nelle Tavole di Gubbio, preghiera in silenzio, preghiera ad alta voce, preghiera in piedi, preghiera in ginocchio, offerta del vino, offerta della carne sacrificale / sacrificio della croce, offerta della torta rotonda / ostia, festività del solstizio di inverno / Natale, festività del solstizio d’estate / San Giovanni, festività dell’inizio della transumanza / Pasqua, comunione della carne alla fine del rito / consumazione dell’Eucarestia a fine del rito, uso del turibolo, aspersione con l’acqua lustrale, processione pasquale / trasporto dell’albero nel bosco sacro all’inizio della primavera, unzione con l’olio, uso della predella sotto l’altare, uso della balaustra / cichero nelle Tavole di Gubbio, rogazioni / processione nel bosco sacro (16).
Le enormi losanghe della facciata della chiesa di San Michele in Lucca, così vicine territorialmente alla Lunigiana, lasciano attoniti e fanno riflettere. L’ esempio più bello e pregnante di riflessioni storiche ci viene da una terra famosa per le sue acque termali ; trattasi del Santuario di Nostra Signora della Salute in Monteortone (Abano Terme), chiesa costruita nel 1428 a seguito di una guarigione miracolosa ottenuta lavandosi nell’acqua della fonte sottostante.In entrambe le pareti che attorniano l’altare centrale vi sono decorazioni marmoree formate da grandi losanghe bianco-nere, portanti al centro il cerchio. Al di sotto del santuario continua a sgorgare la fonte, già sacra a Celti e Venetulani, dedicata al culto di Apono, “incarnazione sacrale delle acque sorgive termali” (17). Si noti che Maponus è divinità celtico-britannica (18) dai Romani equiparata ad Apollo, e che poni è la bevanda sacra delle Tavole di Gubbio. Della sacralità e della potenza guaritrice di questa fonte scrive Claudiano, che aggiunge che presso questa fonte Apona vi era un oracolo ritenuto infallibile (19). Oltre che a rinvenire in ciò una “continuità del sacro nello stesso sito ” dalla protostoria al Cristianesimo si riscontra una continuità di uso di simbologie geometriche antiche, di cui conosciamo il significato anche in termini cristiani:
- il quadrato-losanga significa la Terra ;
- il cerchio è la raffigurazione del Verbum Dei sceso sulla Terra ;
- il triangolo è la rappresentazione del Padre, che Lo ha inviato.
Tutto parrebbe semplice e lineare. La grande diffusione della losanga in edifici non sacri, sia nei pavimenti, sia nelle porte, sia nelle facciate, sia negli abiti, sia nei monili, apre però una diversa problematica, che può essere messa in collegamento con altra parte della tradizione di Lunigiana. Si tratta della tradizione orale, della tradizione dei proverbi e di quella gastronomica, che mettono in connessione la forma della losanga con la forma della lasagna, e la tradizione della lasagna con la festività della Epifania.
La tradizione più importante in tal senso è quella di dare le lasagne alle donne che devono allattare, perché abbiano più latte. Ciò mette in relazione la forma con l’apporto metabolico-energetico dell’alimento. L’altra tradizione che mette in relazione l’alimento lasagna con il sacrum facere è il dover reimpastare la pasta qualora le linee finali del taglio della sfoglia per fare le lasagne non vadano a coincidere. Ciò denota la ricerca della perfezione nel rito delle offerte, così come tramandato dalla tradizione etrusca e così come appare frequentemente richiesto nelle espressioni liturgiche delle Tavole di Gubbio:
- allora il libamento e il grasso sotto l’altare sussidiario, senza difetto, tratti dal dolio......;
- A Hondo Giovio si immoli il cane senza difetto....;
- Con gli spiedi senza difetto si preghi al di là della spina......;
- Si ritorni all’ara. Presso l’ara con il vino senza difetto si preghi. in silenzio...
I due proverbi che si raccolgono in Lunigiana confermano la appartenenza della tradizione di impastare le lasagne nella prima grande festa del nuovo anno - l’Epifania - alla ritualità magico-impetrativa:
- chi pe’ a Pefana i no fa a lasagna, tuto l’ano i s’arencagna ;
Chi per l’Epifania non fa le lasagne tutto l’anno soffrirà la fame ;
- Paskua Pefana, bianca lasagna, o bianca o negra, basta che la sia destesa ;
Per Pasqua Epifania si devono fare le lasagne, o bianche o verdi, purché .... siano distese.
E’ importante notare l’accenno alla necessità di lasciar riposare le lasagne ben distese sulla tavola o sulla madia. In ciò sta il segreto della raccolta dell’energia di campo, che attraverso la forma a losanga è maggiore rispetto ad altre forme. Questo asserto appartiene alle conoscenze esoteriche e non è unico in Lunigiana. Un richiamo alla importanza della esposizione si ritrova nella tradizione di lasciare l’acqua “alla serena” (aa serena). Si tratta di lasciare una brocca d’acqua o una bottiglia d’acqua esposte fuori della finestra per tutta la notte e di berne poi il contenuto al mattino. L’acqua così energizzata trasmetterà la propria energia ai vari organi, risvegliandone l’attività.La fisica quantistica può offrire una spiegazione per questa pratica (20). L’acqua infatti non è da considerarsi un elemento formato da atomi di idrogeno ed ossigeno che stanno insieme per i legami chimico-elettrostatici dei due elementi, ma è “una sostanza a molecole orientate ed orientabili” nella quale vigono le proprietà del “dominio di coerenza” e della ”coerenza fra domini di coerenza”. I cosidetti “raggi cosmici”, oggi meglio classificati dalla fisica quantistica come flussi di fotoni, modificano la qualità energetica dell’acqua esposta all’aperto nella notte, che, bevuta, trasmette il suo stato di coerenza all’acqua dei tessuti del corpo umano. Oltre che in Lunigiana la tradizione di mangiare pasta a forma di losanga si rinviene in Italia Centrale e ciò si spiega richiamando le deportazioni delle varie tribù Liguri da parte dei Romani, come ne scrive Livio:
“e, imbarcatine circa settemila, li fece portare lontani dalle spiagge etrusche fino a Napoli, donde furono mandati nel Sannio ed ebbero sede fra i loro connazionali” (21).
Due delle più antiche fabbriche di pasta alimentare di Fara San Martino producono i “rombi”(De Cecco) e i “Tacconelli” (Delverde), mentre due note fabbriche napoletane di pasta producono nella linea delle specialità regionali le “taccozzette abruzzesi” (Cirio) e le “fiammelle” (Voiello). Il fatto che questo tipo di pasta venga prodotto industrialmente significa che vi è una radicata tradizione fra le popolazioni che la consumano costantemente, in quanto se non ne avvenisse la rotazione rapida nei magazzini ne cesserebbe la produzione, per motivo di mancato rientro degli investimenti. Il rapporto forma / energia, non più noto nel suo primitivo valore semantico, permane quindi come fattore estetico. Nella tradizione esoterica quattro losanghe concentriche sono una potente macchina energetica. Questa simbologia si rinviene in placche pettorali e cinture, sia dell’età del bronzo sia più tarde, come è possibile verificare visivamente nelle immagini riprodotte nelle seguenti opere:
- North J., 1997 - Il Mistero di Stonehenge, 5 000 anni fa un popolo nordico adoratore di stelle costruì il cielo sulla terra, pag. 635, rigo 5 e seguenti, Casale Monferrato, Edizioni Piemme, pagg. 7 - 735 ;
- Nougier L.R., 1982 - La Preistoria, pag. 263, Torino, UTET, pagg. 2 - 290 ;
- Chieco Bianchi A.M., 1988- I Veneti, pag. 73, A.A.V.V. - Italia Omnium Terrarum Alumna, La civiltà dei Veneti, Reti, Liguri, Celti, Piceni, Umbri, Latini, Campani, Iapigi, Milano, Vol. XI, Garzanti-Scheiwiller, pagg. 3 - 720.
Le prime antenne radio-riceventi avevano una simile forma!
I Templari fecero molto uso delle losanghe. Ancora oggi è possibile osservare nel Castello di Bianzano, posto nella Val Cavallina - che fu una variante della Via Francigena sperimentata da Federico Barbarossa nel 1166 - l’apparecchio murario dei quattro lati del cortile decorato da losanghe bianco-nere, dal complesso simbolismo (luce e tenebre, il manifestato e il non manifestato, il cielo e la terra) studiato da Aldo Tavolaro dell’Istituto Italiano dei Castelli. Tale simbologia dualistica richiama il tema del numero due della religiosità del Neolitico, presentato da Marija Gimbutas come “Il Potere di Due” (22). Si noti come il toponimo del luogo e il nome del castello derivino proprio dall’appellativo che veniva dato a dette losanghe (le “bianciane”). Se con la fine dei Templari tali conoscenze scomparvero dal sapere comune, per restare oggetto di conoscenze di circoli ristretti (< vissuto esoterico>) si verifica oggi una ricomparsa di questa simbologia in un contesto particolare, appena tollerato dalle autorità religiose e civili, che si evidenzia tramite la tecnologia dei mezzi audio-visivi. A Ortola di Massa, un veggente riceve messaggi mariani attraverso la “locuzione interiore” o il “sonno estatico” alle ore 12 del giorno 20 di ogni mese. Durante tale fenomeno, puntando la macchina a sviluppo automatico “Polaroid” verso il sole (cosa non certo raccomandata nella prassi del fotografare) alcune persone ottengono immagini che contengono la losanga di luce, non posizionata al centro dell’immagine. Il contesto è decisamente popolare, sia per i frequentatori del luogo sia per la persona del veggente, che vive facendo il pastore. Si potrebbe parlare di un “vissuto non esoterico”, ma chi vive queste esperienze manca della cultura per leggervi un collegamento di largo respiro antropologico, che mette in comunicazione gli archetipi del femminile della religione del Neolitico (culto della Dea Madre) con il tema della salvezza della “fine dei tempi”, come enunciato dalla Apocalisse (12 - 1,3) ove si legge che la salvezza dell’umanità verrà da una “donna vergine che partorisce un figlio maschio”.Questo tema teologico, che accomuna l’immagine mariana con la losanga, non è nuovo e si trova in molti dipinti commissionati in aree ove si è sviluppata la spiritualità degli Amadeiti, così detti da fra Amedeo da Silva (frater Amadeus Hispanus, Ceuta - 1420 ; Milano -1482) nobile ebreo di origine marocchina, convertitosi e divenuto francescano e fondatore di una congregazione di stretta osservanza, ispiratore di istanze che oggi definiremmo ecumeniche, assai osteggiato in ambienti ecclesiastici, ma sempre rispettato e temuto e mai allontanato, per la profonda amicizia con Galeazzo Maria Sforza, signore di Milano.
NOTE:
(1) = cfr. Roncalli F.,1990 - Gli Umbri, pag. 401, rigo 16, A.A.V.V. Collana ITALIA omnium terrarum alumna, Vol. XI, Milano, Garzanti-Scheiwiller, pagg. 3 - 720. Durante la settimana di servizio di volontariato a Colfiorito ho potuto constatare come il luogo ove sorgeva il tempio della Dea Cupra fosse prossimo all’epicentro del terremoto!
(2) = cfr. Calzolari E., 1994 - Meridiane Preistoriche nelle Cinque Terre?, pagg. 23 - 27 -Bollettino Osservatorio Astronomico – Genova n. 65/Giugno 1994,Genova,Università Popolare Sestrese, pagg. 1- 48.
-cfr. Priuli A. - Pucci I., 1994 - Incisioni rupestri e megalitismo in Liguria, pag.148, Ivrea, Priuli & Verlucca, pagg. 5 - 159.
(3) = cfr. Titi Livi, Ab urbe Condita, Tito Livio a cura di Vitali C., 1973 - Storia di Roma, Capitolo LII, Libro XL, Vol. XIII, pag. 283, righi 23 - 25, Bologna, Zanichelli, pagg. 8 - 335.
(4) = cfr. Aziz P., 1990 - La civiltà etrusca, pag. 117, righi 10- 14, La Spezia, Fratelli Melita Editori, pagg. 6 - 266.
- cfr. Staccioli R.A., 1987 - Gli Etruschi mito e realtà, pag. 134, rigo 30, La Spezia, Fratelli Melita Editori, pagg. 6 - 174.
- cfr. Cristofani M., 1973 - Introduzione allo studio dell’Etrusco, pag. 102, rigo 15, Firenze, Leo S. Olschki Editore, pagg. 5 – 197.
. (5) cfr. Beretta C., 1997 - Toponomastica in Valcamonica e Lombardia, pag. 179, righi 10-15, Capo di Ponte-Brescia, Edizioni del Centro Camuno di Studi Preistorici, pagg. 1- 240.
(6) = cfr. Petracco Sicardi G., 1990 - voce Bisagno - pag. 80 - Dizionario di Toponomastica, Torino, U.T.E.T., pagg. 3 - 729.
(7) = cfr. Ambrosi A.C., 1992 - Statue Stele Lunigianesi - il museo nel castello del Piagnaro, pag. 30, pag. 48 - Genova, Sagep, pagg. 3 - 63.
(8) = cfr. Maruotti G., 1990 - Italia Sacra Preistorica, La dimensione europea delle Tavole di Gubbio, pag. 56, rigo 15, rigo 27, pag. 208, righi 17 - 19, Foggia, Amministrazione Provinciale di Capitanata, pagg. 7 - 502.
(9) = cfr. Nota (1) opera ivi citata, pag. 395, figg. 343 - 344. Le Tavole di Gubbio sono sette tavole in bronzo del III secolo a.C., venute alla luce nel 1444 e trascritte dalla lingua osco-umbra in latino dal Devoto. Costituiscono il più grande documento rituale dell’occidente, confrontabile con il Levitico della Bibbia. Sono poco studiate dagli studiosi italiani ; serpeggia subdolamente l’accusa di falso, nonostante che Colin Renfrew abbia scritto: “ Oltre al latino vi è la lingua Umbra, con l’affascinante ed esteso testo scritto sulle tavolette bronzee di Gubbio” (Renfrew C., 1989 Archeologia e linguaggio, pagg. 80 - 81, Bari, Laterza, pagg. 3 - 368). Dopo il Devoto vi si sono applicati il Rebizzo, il Pisani, il Prosdocimi e, più recentemente, il Maruotti ne ha fatto il suo oggetto di studio preferenziale.Nel 1996 è stato pubblicato in Perugia il testo di Augusto Ancillotti e Romolo Cerri “Le Tavole di Gubbio e la civiltà degli Umbri”- Edizioni Jama.
(10) = Il Codice Pelavicino è il più importante incunabolo di Lunigiana. Contiene oltre cinquecento pergamene atte a dimostrare i diritti del vescovo-conte di Lunigiana., che vanno dal 900 al 1287. Fu conservato presso il Capitolo della Cattedrale di Sarzana ed attualmente è custodito presso il Centro Studi Nicolò V (Biblioteca del Seminario Vescovile di Sarzana). Nel 1912 la Società Ligure di Storia Patria ne pubblicò il Regesto a cura del prof. Michele Lupo Gentile.
(11) = cfr. Nota (1) opera ivi citata, pag. 376, rigo 1.
(12) = Una grande pietra a forma di losanga forma la tavola dell’altare del sito sacro megalitico dei Branzi ; la pietra, spezzata in tre parti, giace ancora sul piedistallo, che è cavo e porta tre strane aperture, ancora in fase di studio (vortici di acqua?). Il manufatto è inedito ed enigmatico, in quanto la dolomia luminescente della quale è costituito non si ritrova né nel sito né nel Caprione.Da dove fu trasportato? (forse dalle Apuane) E, soprattutto, come fu possibile trasportarlo, considerato il peso che supera la tonnellata? Altra grande pietra a losanga forma il lato alto trasverso del trilithon di San Lorenzo al Caprione, ove il sole penetra al tramonto del solstizio d’estate.Ne è stata data notizia del ritrovamento nella planchette a titolo: Misteri di Lunigiana...quella divina lasagna, La Spezia, Luna Editore,1998, pagg. 2-34, ove è analizzata anche la losanga incisa di quota m 1 160 s.l.m., raffigurata nella incisione rupestre del Sentiero 118 CAI di Lunigiana. L’analisi spettrografica ha consentito di conoscere che l’incisione è stata scolpita con diaspro e rifinita con calcedonio. Il diaspro proveniva dal giacimento di Chiavari - Maissana, sfruttato fino al 2 500 a.C. Non si conosce ancora la provenienza del calcedonio. L’incisione, presentata al Valcamonica Symposium 96’, contiene i seguenti elementi:
- losanga; due tridenti; verga del rabdomante a rotazione verticale, affiancata da riga verticale; quadrato relativo allo spazio suddiviso secondo i punti cardinali (templum); cerchio con angolo inscritto. Incisione analoga si rinviene nell’India Meridionale, in una parete di un tempio roccioso all’aperto, presso Vijaianagar (distretto di Hampi).
Più recentemente è stato rinvenuto nel Massiccio Centrale Francese – Regione Lozère – nel sito megalitico chiamato Château Vieux de Randon, un quadrilithon sormontato da una pietra a losanga. Di questa struttura ne è stato presentato un poster al Congresso di Monte Porzio Catone a tema “Cosmology Through Time – Ancient and modern cosmologies in the Mediterranean area” (giugno 2001), un poster al congresso della Associazione degli Archeologi Europei in Esslingen (E.A.A.-settembre 2001) nonché comunicazione al secondo congresso annuale della Società Italiana per l’Archeoastronomia, tenutosi a Monte Porzio Catone nel settembre 2002.
(13) = cfr. Gimbutas M., 1990 - Il linguaggio della Dea, mito e culto della Dea Madre nell’Europa Neolitica, pag. 324, Milano, Longanesi, pagg. 1-388. Si vedano in altro articolo i due megaliti a forma di losanga, appaiati, così come appaiono sul crinale di “Baton”, con il particolare della coppella del megalite che simbolizza la “Dea Gravida”, la “Pregnant Goddess” di Peg Streep di cui alla successiva Nota 14.
(14) = cfr. Streep P., 1994 - Sanctuaries of the Goddess, The Sacred Landscapes and Objects, pag. 42, righi 6-9, London, Bulfinch Press Book, pagg. 3-222.
(15) = Riedel I., 1996 - Forme, cerchio, triangolo, croce, quadrato, spirale: figure geometriche e tipi psicologici, pag. 76, rigghi 1- 12, Como, Red Edizioni, pagg. 7-155.
(16) = cfr. Calzolari E., 1994 - La Comunità di Fabiano, segni, riti e miti di Indoeuropei, Celti e Ariani sulle alture del Golfo della Spezia, pagg. 57 - 58 - 59, La Spezia, Luna Editore, pagg. 9 - 107.
(17) = cfr. Barcaro F.A., 1996 - Il Santuario e il complesso monastico di Monteortone - Abano Terme, tra storia, religiosità e arte, pag. 13, righi 10 - 12, Padova, Editoriale Programma, pagg. 13-236.
(18) = cfr. Morelli A., 1989 - Dei e miti, enciclopedia di mitologia universale, pag. 325, La Spezia, Fratelli Melita, pagg. 1-596.
(19) = cfr. Nota (18) opera ivi citata, pag. 52.
(20) = cfr. Froelich H., 1988 - Biological coherence and response to external stimuli, Springer Verlag, Berlin.
(21) = cfr. Nota (3), opera ivi citata, Capitolo XLI, pag. 259, righi 16-20. La tradizione di non tagliare la lasagna a “mandilo”, cioè squadrata, ma a “losanga”, si ritrova anche nell’entroterra chiavarese, zona che mantiene tracce di toponimi osco-umbri, nonché del toponimo Caucaso (forse nome degli antichi Etruschi = kau-kau) nonché prossima a giacimenti di diaspro sfruttati nella preistoria.
(22) = cfr. Nota (13 ), opera ivi citata, Capitolo 16, pagg. 161 – 173
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L’articolo costituisce un aggiornamento della comunicazione fatta alla Seconda Conferenza Internazionale di Antropologi e Storia della Salute e delle Malattie “Antropologia, Alimentazione e Salute” tenutasi a Genova dal 2 al 5 aprile 1998, recepita nel volume degli Atti a titolo IL CIBO CULTURALE – DAL CIBO ALLA CULTURA, DALLA CULTURA AL CIBO- Erga edizioni, Genova, 1999 – pagg. 194 – 206