STUDI DI ARCHIVIO SULLA GASTRONOMIA E SULLA MERCEOLOGIA ALIMENTARE NEL TERRITORIO DI ARCOLA.
Premessa storica.
Si deve alla passione del prof. Giorgio Neri e della Dottoressa Emilia Petacco il grande sviluppo degli studi storici in Arcola, cui ha fatto seguito la produzione di numerose pubblicazioni, edite con il patrocinio del Comune di Arcola.
La ricchezza delle fonti consente la continuità degli studi, e prossimamente verrà edita una pubblicazione specifica sulla gastronomia e sulla merceologia alimentare, di cui ci è consentito anticipare alcuni stralci, in occasione della manifestazione gastronomica che viviamo presso la Taverna "Napoleone" in Sarzana.
La cucina arcolana e la merceologia alimentare che si rinviene in Arcola sono pertinenti all'intera tradizione lunigianese, in quanto il territorio è legato alla vita del fiume Magra e della piana così come è legato alla storia della "Marittima", quando il territorio venne spartito fra Bizantini e Longobardi, attraverso l'approdo del Musano, di proprietà degli uomini di Arcola, come documenta l'atto del 1245 del Registrum Vetus con cui una parte della costa viene venduta ad uomini di Sarzana:
"portu maris Centum Clavium, et Plagiis, et Arenis, et Lapidibus in dictis plagiis et confinibus, et de iurisdictione dictorum locorum et de portulo hospitalis Centum Clavium et Balneorum in dicto portu existentium".
In periodo napoleonico la via Aurelia viene modificata nel suo tracciato per raggiungere la base marittima militare e commerciale della Spezia, ed il tracciato viene modificato proprio in territorio di Arcola.
Un nobile spezzino, della famiglia Federici, dimorante ad Arcola, divenne il più grande rappresentante del dominio francese ed è logico attendersi che nei ricevimenti abbia volentieri proposto piatti della tradizione gastronomica arcolana.
Per provare quale sia stata la fede giacobina di questo personaggio cito quanto riportato in proposito da Renato Francesconi nel volume"La controrivoluzione del 1797 in Val di Vara":
"Anche alla Spezia esisteva un gruppo di "giacobini", contro i quali fu celebrato un processo nel 1794.Il più noto di essi è certamente Marco Federici, che riuscì ad evitare l'arresto e la prigione, prima con la fuga, poi con la nomina a vice console di Francia nella città della Spezia. Francesizzò
persino il proprio casato in "Fredericj" e, nota sempre Girolamo Serra, aveva posto il nome di Robespierre al proprio figliuolo"….
"La moglie di Marco, dopo le prime due gravidanze, sceglie la quiete di Arcola…..Il Governo Ligure ordinò al Governatore della Spezia di arrestare il nostro Marco, ciò che fu fatto ad Arcola,
dov'egli dimorava…..".
Nelle alterne vicende di quel periodo, nella sua casa della Spezia, in Via S.Agostino, fu ospitato anche Papa Pio VII, diretto a Savona. L'11 gennaio 1824 egli moriva nella sua villa di Arcola.
Marco Federici fu membro del Governo provvisorio della nuova Repubblica Ligure, fu Ministro della Guerra nel primo Governo della Repubblica Ligure, fu Presidente del Consiglio Distrettuale di Sarzana, fu decorato da Napoleone con l'Ordine della Legion d'Onore. Quanto sopra giustifica il richiamo alla tradizione gastronomica arcolana come il più probabile veicolo dell'offerta di ospitalità ristorativa ai notabili d'Oltralpe.
Le fonti archivistiche pubbliche e private che forniscono informazioni sulle analisi merceologiche e sulla tradizione gastronomica sono rappresentate da:
le Caratate Generali (catasti descrittivi);
gli Statuti;
i Bandi campestri;
i Libri dei Censori;
i Registri dei Massari delle chiese e delle confraternite;
gli Atti Deliberativi della Commune;
i registri di famiglia delle casate nobili e benestanti;
le raccolte di corrispondenza privata;
i giornali ed i quotidiani.
Gli stralci documentali.
Dai documenti si evince che la cucina arcolana era perfettamente corrispondente alla tradizione lunigianese, con massimo utilizzo di carni povere, legumi e cereali, ma con l'arrivo di merci pregiate nelle mense dei nobili e delle famiglie agiate. Un interessante documento del Prefetto del Dipartimento degli Apennini del 25 agosto 1810 contiene la richiesta al Maire di Arcola di fornire lo stato della raccolta di grano, segala, melega (così è chiamato il mais) grano serraceno, orzo, castagne. Un documento del 23 agosto 1811 contiene una nota dell'Uditore al Consiglio di Stato "sulla piantazione della barbabietola e la fabbricazione del zucchero di detta pianta", con richieste dettagliate sui terreni adibiti a ciò e alla selezione delle sementi. Un documento del 12 settembre 1810 attiene il metodo di fabbricazione del "siroppo d'uva", non solo per usi domestici, sostituendo nelle ricette lo zucchero, ma anche per uso medicinale. Lo zucchero viene ottenuto anche dalle castagne e dal gelso, con ingegnosi procedimenti. Ciò in conseguenza del blocco navale inglese, che impediva l'arrivo di zucchero d'oltremare. Dal Fondo dei Registri di Casa della famiglia Bastreri-Tancredi, grandi commercianti, vengono forniti alcuni stralci, riguardanti tutte le qualità di fagioli presenti nei loro magazzini (faggioli Grechi, faggioli grossi, faggioli minuti, faggioli bianchi) la presenza di "faro" e "piselli", la presenza di fave e ceci. Nei vari fogli si rilevano le spese per utensili di cucina, con accenno alla produzione di ravioli e lasagne, alla setacciatura del brodo, alla frullatura del cioccolato, alle forme per pasticci, all'utilizzo di confetture, caffè, pane dolce, biscotti, zucchero, nonché all'acquisto di galline e capponi, merci pregiate, rispetto alla povera carne di coniglio, che non figura, perché carne utilizzata dai poveri, così come non figurano le uova, che sono altro prodotto di tutte le corti e delle economie casalinghe dell'epoca, così da non esservi bisogno di una trattazione sul mercato. In un foglio appare l'acquisto di 26 spungate comprate dal produttore F.lli Valenti di Sarzana, evidentemente da utilizzarsi nei menù dei pranzi natalizi dell'anno 1820, così come appaiono, assieme ai biscotti, anche le sfogliate e fra gli zuccheri anche lo zucchero biondo. Dai documenti del periodo della Repubblica Ligure, anno 1776, 11 luglio, appare un interessante controllo annonario sul tipo e la caratura del pane, in particolare del tipo a "canalotto" (il filoncino largo). Il produttore vi doveva apporre il proprio timbro con le iniziali.
Il confronto con la produzione dei vari tipi di pane si può fare col documento del 3 agosto 1822, in cui figurano sia il pane di 1° qualità, sia il pane di 2° qualità, sia le paste, sia le farine di 1° qualità, sia la farina integrale da burattare, sia i formaggi di pecora e di vacca, il formaggio d'Olanda, il formaggio di Sardegna di 1° qualità e di 2° qualità, il formaggio di Garfagnana, l'olio vecchio e l'olio nuovo, la farina di granturco, la salsiccia, la carne di vitello, e soprattutto la presenza del riso fioretto e del riso non crivellato, voce interessantissima che dimostra la produzione locale del riso in territorio arcolano, vera novità negli studi della merceologia storica di Lunigiana! La mappatura dei terreni a ciò destinati verrà presentata nella pubblicazione definitiva e sarà una vera rivelazione sulle vocazioni del territorio. Un estratto del Libro dei Censori del 1797 fornisce ulteriore conferma del riso non crivellato, oltre che fornire notizia dell'arrivo di formaggio di Roma e di formaggio di Gallura. Alcuni stralci dei libri dell'Officio Ministralium ci consentono di rilevare la vendita di pane nero integrale, di pane bianco (Bufetto) di carni, pesce, e formaggi salati, di bacala e stoca a fisso bagno, di macaroni e fidelini. Interessanti le pescate tramite "sciabeghe" fatte dal Padron Giulio Bozzi - soprannominato "Ninin" - di San Terenzo e dal Padron Francesco di San Terenzo, soprannominato "quello della Massese" o "il Moro della Massese". Sorgono liti per la vendita di naselli assieme ad aciughette e parazzi…..a chi attendeva il pesce fresco sulla spiaggia, per portarlo al più presto ad Arcola, ove la tradizione degli antichi possessi aveva lasciato il bisogno di sentire il…..gusto di mare.
Ricette della cucina arcolana, raccolte da allievi dell'I.P.S.S.A.R. "Casini", tratte dalle bozze dell'opera "Quel bianco cappello", curata da Armando Baldassari, Enrico Calzolari, Giuseppe Di Natale e Gabriella Molli.
Caponata (per quattro persone)
Quattro fette di pan carré oppure pane casareccio raffermo; si mette in un piatto fondo, poi si inseriscono gli ingredienti: acciughe salate spinate una a testa, capperi tre a testa, olive verdi o nere cinque a testa, pomodori da insalata di media grandezza, mezzo a testa, tonno due etti e mezzo, tre o quattro etti di mosciame (filetto di delfino affumicato, ora non più in commercio) uova sode mezza a testa, un etto di sottaceti sgocciolati, quattro cetriolini a testa, un etto di peperoni tagliati a listine sottili. Condire con olio, sale, pepe e peperoncino tritato (Giacomazzi Daniele).
Coniglio all'arcolana
1 coniglio di circa 1200 grammi
1 cipolla
5 cucchiai di olio d'oliva
3 spicchi d'aglio
1 bicchiere di vino bianco
1 mestolo di brodo
1 rametto di rosmarino
3 pomodori
100 grammi di olive nere o verdi
sale q.b.
pepe q.b.
Tritare finemente l'aglio, la cipolla, il rosmarino, farli rosolare in una terrina con l'olio, sale e pepe.
Aggiungere il coniglio già preparato a pezzi, mescolare bene e fare cuocere per qualche minuto.
Versare il vino e lasciare sfumare. Unire il brodo e lasciare ancora evaporare sempre a fuoco lento.
Aggiungere i pomodori spellati e tagliati a pezzettini. Fare cuocere per mezzora (Zanicchi Cristian).
Croseti
Mezzo litro d'acqua
150 grammi di farina
sale q.b.
Impastare acqua, farina, sale. Fare la sfoglia con il cannello e con uno stampino rotondo fare tanti cerchi. Mettere l'acqua a bollire, mettervi dentro i croseti per 15 minuti, colare e condire con pesto
(Calderoni Eddie)
Torta d'erbi e ricotta
Impasto: farina gr 500, olio gr 200, sale, acqua
Ripieno: ricotta gr 200, erbi di campo kg 1, 1 porro, 1 cipolla, parmigiano gr 50, pecorino gr 50, uova 5, maggiorana, prezzemolo.
Preparare una pasta ben liscia e farla riposare. Cuocere intanto le erbe e insaporirle nel fondo di olio, cipolla, porro. Aggiungere fuori dal fuoco la ricotta, le uova, il parmigiano, il pecorino grattugiati. Coprire il tutto con la sfoglia dell'impasto e infornare a 180° per venti minuti (Ivan Sommovigo)
Nota storica
NAPOLEONE IL GRANDE…LE ORIGINI SARZANESI…E LA CUCINA ARCOLANA.
Saranno in molti a chiedersi il perché di un simile percorso evocativo e come mai la cucina arcolana sia stata richiamata in una celebrazione gastromica ove la tradizione di Sarzana parrebbe inserirsi d'ufficio.
Dalla ricerca storica appare che la più grande figura locale di precursore e sostenitore della Rivoluzione Francese, di spirito giacobino militante e combattente, sia stato l'integerrimo N.H. Marco del casato dei Federici. Egli ebbe villa ad Arcola e qui preferì dimorare la prima moglie dopo la nascita dei primi due figli.
Ad Arcola il Federici fu arrestato dal Governatore genovese, ad Arcola si ritirò dopo la fine dell'esperienza imperiale e l'avvento della Restaurazione, ad Arcola morì nel 1824.
Egli raggiunse cariche altissime, sia nella Repubblica Genovese, di cui fu anche Ministro della Guerra, sia nel periodo imperiale. Napoleone lo insignì dell'Ordine della Legion d'Onore. Lecito quindi supporre che egli abbia esercitato l'arte dell'ospitalità verso i potenti d'Oltralpe, offrendo loro piatti della tradizione di famiglia, in cui domestici e cuochi fossero ben preparati.
La disputa appare comunque vana, perché le differenze fra gastronomia sarzanese e gastronomia arcolana sono minime. Arcola ebbe certamente una maggior tradizione nel consumo e nella preparazione del pesce di mare, per via dell'antico possesso nella "Marittima", così come ebbe forte la tradizione del riso (ora apprendiamo che ne era produttrice!).
L'acquisto di ben 26 spongate dal produttore F.lli Valenti di Sarzana, che figura nei Libri di Casa Bastreri-Tancredi per le feste natalizie dell'anno 1820, rende comunque omaggio ad una nobile tradizione della gastronomia sarzanese, che certamente fu fatta assaggiare ai vari generali, prefetti, uditori, ispettori che certamente il Federici ospitò, specie quando fu presidente del Consiglio Distrettuale sedente in Sarzana.
Premessa storica.
Si deve alla passione del prof. Giorgio Neri e della Dottoressa Emilia Petacco il grande sviluppo degli studi storici in Arcola, cui ha fatto seguito la produzione di numerose pubblicazioni, edite con il patrocinio del Comune di Arcola.
La ricchezza delle fonti consente la continuità degli studi, e prossimamente verrà edita una pubblicazione specifica sulla gastronomia e sulla merceologia alimentare, di cui ci è consentito anticipare alcuni stralci, in occasione della manifestazione gastronomica che viviamo presso la Taverna "Napoleone" in Sarzana.
La cucina arcolana e la merceologia alimentare che si rinviene in Arcola sono pertinenti all'intera tradizione lunigianese, in quanto il territorio è legato alla vita del fiume Magra e della piana così come è legato alla storia della "Marittima", quando il territorio venne spartito fra Bizantini e Longobardi, attraverso l'approdo del Musano, di proprietà degli uomini di Arcola, come documenta l'atto del 1245 del Registrum Vetus con cui una parte della costa viene venduta ad uomini di Sarzana:
"portu maris Centum Clavium, et Plagiis, et Arenis, et Lapidibus in dictis plagiis et confinibus, et de iurisdictione dictorum locorum et de portulo hospitalis Centum Clavium et Balneorum in dicto portu existentium".
In periodo napoleonico la via Aurelia viene modificata nel suo tracciato per raggiungere la base marittima militare e commerciale della Spezia, ed il tracciato viene modificato proprio in territorio di Arcola.
Un nobile spezzino, della famiglia Federici, dimorante ad Arcola, divenne il più grande rappresentante del dominio francese ed è logico attendersi che nei ricevimenti abbia volentieri proposto piatti della tradizione gastronomica arcolana.
Per provare quale sia stata la fede giacobina di questo personaggio cito quanto riportato in proposito da Renato Francesconi nel volume"La controrivoluzione del 1797 in Val di Vara":
"Anche alla Spezia esisteva un gruppo di "giacobini", contro i quali fu celebrato un processo nel 1794.Il più noto di essi è certamente Marco Federici, che riuscì ad evitare l'arresto e la prigione, prima con la fuga, poi con la nomina a vice console di Francia nella città della Spezia. Francesizzò
persino il proprio casato in "Fredericj" e, nota sempre Girolamo Serra, aveva posto il nome di Robespierre al proprio figliuolo"….
"La moglie di Marco, dopo le prime due gravidanze, sceglie la quiete di Arcola…..Il Governo Ligure ordinò al Governatore della Spezia di arrestare il nostro Marco, ciò che fu fatto ad Arcola,
dov'egli dimorava…..".
Nelle alterne vicende di quel periodo, nella sua casa della Spezia, in Via S.Agostino, fu ospitato anche Papa Pio VII, diretto a Savona. L'11 gennaio 1824 egli moriva nella sua villa di Arcola.
Marco Federici fu membro del Governo provvisorio della nuova Repubblica Ligure, fu Ministro della Guerra nel primo Governo della Repubblica Ligure, fu Presidente del Consiglio Distrettuale di Sarzana, fu decorato da Napoleone con l'Ordine della Legion d'Onore. Quanto sopra giustifica il richiamo alla tradizione gastronomica arcolana come il più probabile veicolo dell'offerta di ospitalità ristorativa ai notabili d'Oltralpe.
Le fonti archivistiche pubbliche e private che forniscono informazioni sulle analisi merceologiche e sulla tradizione gastronomica sono rappresentate da:
le Caratate Generali (catasti descrittivi);
gli Statuti;
i Bandi campestri;
i Libri dei Censori;
i Registri dei Massari delle chiese e delle confraternite;
gli Atti Deliberativi della Commune;
i registri di famiglia delle casate nobili e benestanti;
le raccolte di corrispondenza privata;
i giornali ed i quotidiani.
Gli stralci documentali.
Dai documenti si evince che la cucina arcolana era perfettamente corrispondente alla tradizione lunigianese, con massimo utilizzo di carni povere, legumi e cereali, ma con l'arrivo di merci pregiate nelle mense dei nobili e delle famiglie agiate. Un interessante documento del Prefetto del Dipartimento degli Apennini del 25 agosto 1810 contiene la richiesta al Maire di Arcola di fornire lo stato della raccolta di grano, segala, melega (così è chiamato il mais) grano serraceno, orzo, castagne. Un documento del 23 agosto 1811 contiene una nota dell'Uditore al Consiglio di Stato "sulla piantazione della barbabietola e la fabbricazione del zucchero di detta pianta", con richieste dettagliate sui terreni adibiti a ciò e alla selezione delle sementi. Un documento del 12 settembre 1810 attiene il metodo di fabbricazione del "siroppo d'uva", non solo per usi domestici, sostituendo nelle ricette lo zucchero, ma anche per uso medicinale. Lo zucchero viene ottenuto anche dalle castagne e dal gelso, con ingegnosi procedimenti. Ciò in conseguenza del blocco navale inglese, che impediva l'arrivo di zucchero d'oltremare. Dal Fondo dei Registri di Casa della famiglia Bastreri-Tancredi, grandi commercianti, vengono forniti alcuni stralci, riguardanti tutte le qualità di fagioli presenti nei loro magazzini (faggioli Grechi, faggioli grossi, faggioli minuti, faggioli bianchi) la presenza di "faro" e "piselli", la presenza di fave e ceci. Nei vari fogli si rilevano le spese per utensili di cucina, con accenno alla produzione di ravioli e lasagne, alla setacciatura del brodo, alla frullatura del cioccolato, alle forme per pasticci, all'utilizzo di confetture, caffè, pane dolce, biscotti, zucchero, nonché all'acquisto di galline e capponi, merci pregiate, rispetto alla povera carne di coniglio, che non figura, perché carne utilizzata dai poveri, così come non figurano le uova, che sono altro prodotto di tutte le corti e delle economie casalinghe dell'epoca, così da non esservi bisogno di una trattazione sul mercato. In un foglio appare l'acquisto di 26 spungate comprate dal produttore F.lli Valenti di Sarzana, evidentemente da utilizzarsi nei menù dei pranzi natalizi dell'anno 1820, così come appaiono, assieme ai biscotti, anche le sfogliate e fra gli zuccheri anche lo zucchero biondo. Dai documenti del periodo della Repubblica Ligure, anno 1776, 11 luglio, appare un interessante controllo annonario sul tipo e la caratura del pane, in particolare del tipo a "canalotto" (il filoncino largo). Il produttore vi doveva apporre il proprio timbro con le iniziali.
Il confronto con la produzione dei vari tipi di pane si può fare col documento del 3 agosto 1822, in cui figurano sia il pane di 1° qualità, sia il pane di 2° qualità, sia le paste, sia le farine di 1° qualità, sia la farina integrale da burattare, sia i formaggi di pecora e di vacca, il formaggio d'Olanda, il formaggio di Sardegna di 1° qualità e di 2° qualità, il formaggio di Garfagnana, l'olio vecchio e l'olio nuovo, la farina di granturco, la salsiccia, la carne di vitello, e soprattutto la presenza del riso fioretto e del riso non crivellato, voce interessantissima che dimostra la produzione locale del riso in territorio arcolano, vera novità negli studi della merceologia storica di Lunigiana! La mappatura dei terreni a ciò destinati verrà presentata nella pubblicazione definitiva e sarà una vera rivelazione sulle vocazioni del territorio. Un estratto del Libro dei Censori del 1797 fornisce ulteriore conferma del riso non crivellato, oltre che fornire notizia dell'arrivo di formaggio di Roma e di formaggio di Gallura. Alcuni stralci dei libri dell'Officio Ministralium ci consentono di rilevare la vendita di pane nero integrale, di pane bianco (Bufetto) di carni, pesce, e formaggi salati, di bacala e stoca a fisso bagno, di macaroni e fidelini. Interessanti le pescate tramite "sciabeghe" fatte dal Padron Giulio Bozzi - soprannominato "Ninin" - di San Terenzo e dal Padron Francesco di San Terenzo, soprannominato "quello della Massese" o "il Moro della Massese". Sorgono liti per la vendita di naselli assieme ad aciughette e parazzi…..a chi attendeva il pesce fresco sulla spiaggia, per portarlo al più presto ad Arcola, ove la tradizione degli antichi possessi aveva lasciato il bisogno di sentire il…..gusto di mare.
Ricette della cucina arcolana, raccolte da allievi dell'I.P.S.S.A.R. "Casini", tratte dalle bozze dell'opera "Quel bianco cappello", curata da Armando Baldassari, Enrico Calzolari, Giuseppe Di Natale e Gabriella Molli.
Caponata (per quattro persone)
Quattro fette di pan carré oppure pane casareccio raffermo; si mette in un piatto fondo, poi si inseriscono gli ingredienti: acciughe salate spinate una a testa, capperi tre a testa, olive verdi o nere cinque a testa, pomodori da insalata di media grandezza, mezzo a testa, tonno due etti e mezzo, tre o quattro etti di mosciame (filetto di delfino affumicato, ora non più in commercio) uova sode mezza a testa, un etto di sottaceti sgocciolati, quattro cetriolini a testa, un etto di peperoni tagliati a listine sottili. Condire con olio, sale, pepe e peperoncino tritato (Giacomazzi Daniele).
Coniglio all'arcolana
1 coniglio di circa 1200 grammi
1 cipolla
5 cucchiai di olio d'oliva
3 spicchi d'aglio
1 bicchiere di vino bianco
1 mestolo di brodo
1 rametto di rosmarino
3 pomodori
100 grammi di olive nere o verdi
sale q.b.
pepe q.b.
Tritare finemente l'aglio, la cipolla, il rosmarino, farli rosolare in una terrina con l'olio, sale e pepe.
Aggiungere il coniglio già preparato a pezzi, mescolare bene e fare cuocere per qualche minuto.
Versare il vino e lasciare sfumare. Unire il brodo e lasciare ancora evaporare sempre a fuoco lento.
Aggiungere i pomodori spellati e tagliati a pezzettini. Fare cuocere per mezzora (Zanicchi Cristian).
Croseti
Mezzo litro d'acqua
150 grammi di farina
sale q.b.
Impastare acqua, farina, sale. Fare la sfoglia con il cannello e con uno stampino rotondo fare tanti cerchi. Mettere l'acqua a bollire, mettervi dentro i croseti per 15 minuti, colare e condire con pesto
(Calderoni Eddie)
Torta d'erbi e ricotta
Impasto: farina gr 500, olio gr 200, sale, acqua
Ripieno: ricotta gr 200, erbi di campo kg 1, 1 porro, 1 cipolla, parmigiano gr 50, pecorino gr 50, uova 5, maggiorana, prezzemolo.
Preparare una pasta ben liscia e farla riposare. Cuocere intanto le erbe e insaporirle nel fondo di olio, cipolla, porro. Aggiungere fuori dal fuoco la ricotta, le uova, il parmigiano, il pecorino grattugiati. Coprire il tutto con la sfoglia dell'impasto e infornare a 180° per venti minuti (Ivan Sommovigo)
Nota storica
NAPOLEONE IL GRANDE…LE ORIGINI SARZANESI…E LA CUCINA ARCOLANA.
Saranno in molti a chiedersi il perché di un simile percorso evocativo e come mai la cucina arcolana sia stata richiamata in una celebrazione gastromica ove la tradizione di Sarzana parrebbe inserirsi d'ufficio.
Dalla ricerca storica appare che la più grande figura locale di precursore e sostenitore della Rivoluzione Francese, di spirito giacobino militante e combattente, sia stato l'integerrimo N.H. Marco del casato dei Federici. Egli ebbe villa ad Arcola e qui preferì dimorare la prima moglie dopo la nascita dei primi due figli.
Ad Arcola il Federici fu arrestato dal Governatore genovese, ad Arcola si ritirò dopo la fine dell'esperienza imperiale e l'avvento della Restaurazione, ad Arcola morì nel 1824.
Egli raggiunse cariche altissime, sia nella Repubblica Genovese, di cui fu anche Ministro della Guerra, sia nel periodo imperiale. Napoleone lo insignì dell'Ordine della Legion d'Onore. Lecito quindi supporre che egli abbia esercitato l'arte dell'ospitalità verso i potenti d'Oltralpe, offrendo loro piatti della tradizione di famiglia, in cui domestici e cuochi fossero ben preparati.
La disputa appare comunque vana, perché le differenze fra gastronomia sarzanese e gastronomia arcolana sono minime. Arcola ebbe certamente una maggior tradizione nel consumo e nella preparazione del pesce di mare, per via dell'antico possesso nella "Marittima", così come ebbe forte la tradizione del riso (ora apprendiamo che ne era produttrice!).
L'acquisto di ben 26 spongate dal produttore F.lli Valenti di Sarzana, che figura nei Libri di Casa Bastreri-Tancredi per le feste natalizie dell'anno 1820, rende comunque omaggio ad una nobile tradizione della gastronomia sarzanese, che certamente fu fatta assaggiare ai vari generali, prefetti, uditori, ispettori che certamente il Federici ospitò, specie quando fu presidente del Consiglio Distrettuale sedente in Sarzana.